Il lavoro che uccide. Anche l’economia

Apr 21, 2022

Sfruttamento e mancato rispetto delle norme di sicurezza. Ecco la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia
di Redazione
Il lavoroDal  tre al sei percento del Pil divorato dagli infortuni sul lavoro, l’emergere del caporalato digitale che arruola i lavoratori della gig economy, cooperative «spurie» che impongono un nuovo caporalato urbano e dettano le regole dell’illegalità nei magazzini: il lavoro di indagine della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, istituita dal maggio 2021, oggi si trasforma in testo scritto e scoperchia un pericoloso vaso di Pandora, fatto di sfruttamento e mancato rispetto delle norme di sicurezza.

La Commissione – presieduta dal senatore Gianclaudio Bressa – non si è limitata alle tradizionali audizioni di associazioni, sindacati, esperti nelle sede parlamentari, ma ha effettuato sopralluoghi, visite ispettive in tutto il territorio nazionale per acquisireelementi utili ai compiti istituzionali. Infortunarsi sul lavoro – spesso con esiti mortali – non ha solo un costo di dolore per il lavoratore e la sua famiglia, (una conseguenza di un infortunio potrebbe comportare, ad esempio, l’incapacità del figlio del lavoratore infortunato di proseguire gli studi per la diminuzione del reddito familiare) ma anche per la stessa azienda e per l’intera società. In Italia, secondo stime dell’Inail, il danno economico causato da infortuni e malattie professionali è risultato, nel 2007, pari a quasi 48 miliardi di euro, ovvero più del 3 per cento del Pil, ma gli studi internazionali, riportati nella Relazione intermedia sull’attività svolta della Commissione, indicano che l’incidenza stimata dei costi totali sul Prodotto interno lordo è significativamente superiore anche ai dati europei finora conosciuti, e vede la percentuale più alta per la Polonia (10,2%), mentre per l’Italia raggiunge il 6,3 per cento.

«Stimare gli impatti economici e sociali di sfruttamento e mancata tutela di salute e sicurezza sul lavoro non è semplice, ma – secondo il parere della Commissione – occorre al più presto trovare un sistema di misurazione condiviso, un indicatore economico che consenta di valutare i danni dell’inosservanza delle norme e al tempo stesso i benefici che derivano dall’applicazione delle normative in materia di sicurezza e di regolarità del rapporto di lavoro, considerando anche il return on prevention per l’Italia (in vari paesi del mondo si attesta su 2,2, cioè per ogni euro speso vi è un ritorno positivo che va oltre il doppio)». Un nuovo indicatore capace di tracciare il confine tra legalità e illegalità del lavoro in Italia. «Quel che è certo – si legge nella nota stampa della Commissione – è che l’enorme dispendio di ricchezza, di benessere e di salute enorme tocca tutta Italia, perché l’altro aspetto che delinea la Relazione è un’economia nazionale dove – da nord a sud, da est a ovest – si registra il dato tragico delle morti e degli incidenti gravi o gravissimi per cause di lavoro».

Nessuna regione risulta esente da questa piaga indegna. Il lavoro cambia così come il suo lato più oscuro. «L’utilizzo sempre più massiccio delle nuove tecnologie ha fatto emergere il fenomeno del caporalato digitale dove i lavoratori della gig economy hanno sostituito i braccianti agricoli – scrive la commissione – Non è più soltanto il furgone a caricare al mattino i lavoratori in attesa della chiamata, ma è l’uso degli algoritmi che costituisce il fulcro per lo sfruttamento dei lavoratori. Ecco, allora, che il pericolo più profondo è che l’algoritmo e, più in generale, l’intelligenza artificiale possano diventare strumenti senza controllo. La spasmodica ricerca di risparmio dei costi è spesso attuata a svantaggio della sicurezza sul lavoro e il mezzo per realizzare tali risparmi sono quelle cooperative spurie, che nascono e muoiono giusto il tempo della durata di un appalto o di un subappalto. La logistica è il settore che di più soffre situazioni borderline con soggetti che utilizzano manodopera irregolare o applicano ai dipendenti contratti collettivi con meno diritti e meno tutele di quelli previsti dal contratto nazionale di categoria della Logistica e dei Trasporti

Il nuovo caporalato nei magazzini, non risulta ancora documentato in modo rigoroso, ma è del tutto simile a quanto avviene in agricoltura. Nel comparto la Commissione ha registrato fenomeni di severo sfruttamento lavorativo, con controlli e ritmi serrati che ricalcano le condizioni di lavoro nelle catene di montaggio degli anni Sessanta. E non è un caso – sottolinea la Commissione –  che le vittime degli incidenti sul lavoro sono, la maggior parte delle volte, gli anelli deboli della catena lavorativa. Se a subire quasi sempre gli eventi lesivi sono gli operatori della fascia più bassa, evidentemente vi è un sistema dell’impresa che spesso, soprattutto in alcune imprese medie o piccole, non presta la dovuta attenzione agli obblighi della sicurezza e scarica sui lavoratori i deficit dell’ambiente di lavoro».

Non si muore soltanto cadendo dall’alto o perché schiacciati da un mezzo meccanico. Di lavoro si muore anche per la cattiva organizzazione. Mancanza di  sicurezza e sfruttamento spesso – troppo spesso – vanno a braccetto. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia ha lo ha evidenziato con chiarezza.

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