Si conclude l’operazione araldo: concorso esterno in associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata all’usura, estorsione e usura aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Queste le accuse contestate dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo a ventuno indagati. L’operazione «Araldo» ha portato a dieci arresti tra i presunti componenti di una banda dedita all’usura tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate: nove indagati sono finiti in carcere, uno ai domiciliari. Sequestrati anche le quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio, un terreno e un bar tavola calda di Villabate per un valore complessivo di 500mila euro. L’operazione ha visto impegnati i carabinieri della Compagnia di Bagheria e il Nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza, che hanno portato a termine una indagine iniziata nell’aprile del 2018. Le vittime, tutte indigenti, sarebbero state costrette a rivolgersi agli arrestati per potere ricevere dei prestiti con quello che gli investigatori definiscono un tasso usuraio variante. Tassi che, a seconda degli episodi, dal 143% annuo potevano raggiungere anche il 5.400% annuo: a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro. Alle vittime, inoltre, la restituzione della somma di denaro prestata veniva richiesta mediante violenza o minaccia.
L’usura, secondo carabinieri e guardia di finanza, sarebbe stata svolta con metodologia mafiosa dal momento che gli indagati evidenziavano alle vittime la provenienza mafiosa del denaro prestato con il chiaro intento di incutere timore e di garantirsi la restituzione degli importi pattuiti. L’operazione Araldo ha portato alla scoperta del coinvolgimento di 75enne già capo del mandamento di Bagheria e all’epoca sottoposto agli arresti domiciliari. Nel corso dell’indagine sono stati impegnati circa 70 militari tra carabinieri e guardia di finanza.
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