Si chiama «Rangeland atlas», un atlante che rivela come il 54 per cento delle terre emerse del Pianeta sia costituito da vaste superfici coperte da erba, arbusti o da scarsa e resistente vegetazione, che forniscono sostegno a milioni di pastori, raccoglitori, allevatori, a ampie popolazioni di animali selvatici e che costituiscono il deposito di grandi quantità di carbonio. Ma ad oggi, mentre la maggior parte dei piani sul clima concentra la propria attenzione sulle foreste, molta meno importanza è data alle praterie, lasciando esposto a più minacce questo imponente ecosistema planetario che sostiene natura e persone.
Il Rangeland atlas – l’atlante delle praterie – primo nel suo genere, è un inventario compilato da una coalizione di organizzazioni internazionali legate all’ambiente, alla conservazione e all’agricoltura. Insieme con Ilri (International Livestock Research Institute), hanno contribuito alla realizzazione del volume l’International union for conservation of nature (Iucn), il Wwf, lo Un environment programme, l’International land coalition e la Fao (Food and agriculture organization of the united nations). Appena il 10 per cento dei piani nazionali sul clima (parte dell’Accordo di Parigi) include riferimenti alle praterie, in confronto con il 70 per cento di quelli che parlano di foreste. Ma le praterie sono conosciute per il ruolo cruciale che hanno nello stoccaggio del carbonio, come habitat per le diverse specie animali e vegetali, e nel supporto ai più grandi fiumi e aree umide del mondo. La ragione principale per cui non sono state fino ad oggi considerate risiede nella mancanza di dati scientifici incontrovertibili riguardo la loro estensione e il loro valore. Rangeland atlas vuole rendere le praterie un ambito di massima attenzione nella discussione politica su vari piani, dal cambiamento climatico alla riduzione della povertà, attraverso la gestione delle minacce alla biodiversità e all’acqua dolce e lo sviluppo di sistemi alimentari. «Per la prima volta in assoluto – spiega Shirley Tarawali, assistente del Direttore Generale dell’Ilri – abbiamo una comprensione chiara di quale percentuale delle terre emerse sia coperta dalle praterie». Solo il 12 per cento delle praterie è stato designato come area protetta, mentre la restante parte è minacciata dalla progressiva conversione ad uso agricolo. L’atlante mostra che negli scorsi tre secoli più del 60 per cento dei territori selvaggi e dei boschi è stato convertito: un’area più grande del Nord America e un’area approssimativamente della dimensione dell’Australia è ora utilizzata per le coltivazioni. Questo cambiamento di destinazione d’uso del suolo contribuisce alla crisi climatica e l’atlante mostra che le praterie soffriranno ulteriormente il riscaldamento globale. Drammatici effetti si prevedono per un’area grande due volte l’Europa, con una pericolosa destabilizzazione della natura e una riduzione della capacità di produrre cibo e altre risorse essenziali.
«Se vogliamo avere una chance di conseguire gli obiettivi su clima, natura e alimentazione – aggiunge Tarawa, responsabile del Global Agenda for Sustainable Livestock ospitato dalla Fao – la gestione e l’uso delle praterie devono essere considerati prioritari. La nostra speranza è che praterie e pascoli siano inclusi nelle prossime conferenze delle Nazioni Unite su biodiversità, clima, suolo e alimentazione». «Rangeland atlas mostra per la prima volta la dimensione effettiva delle praterie e sottolinea come non sia possibile ignorarle se vogliamo veramente combattere le crisi climatiche e della natura – conclude Karina Berg, Global Grasslands and Savannahs Initiative Lead del Wwf – e allo stesso tempo sostenere la domanda di cibo globale. La protezione, la gestione e il ripristino dei ricchi e vari ecosistemi delle praterie è fondamentale e la loro rilevanza deve essere rappresentata all’interno dell’agenda globale».
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