In cammino con Dante: verso e attraverso la meta del viaggio

Mag 10, 2021

Libertà e necessità, teologia e politica, mondo classico e verità cristiana. Opera di sintesi supreme, la Commedia accompagna da sette secoli i destini incrociati di schiere di lettori, dalla scuola alla vita, in un cammino di eterno apprendistato
di Bonifazio Mattei

Verso e attraverso la meta del viaggio

Sono un insegnante di Italiano, sono alla metà della mia vita professionale. Ho letto e spiegato Dante per tanti anni. Mi sono avventurato a poco a poco, timidamente, con curiosità ed entusiasmo. Ho letto singole storie, canti, gruppi di canti, note, apparati critici. Negli anni ho via via scoperto nell’opera ciò che non ho letto in nessun libro, verità, coincidenze strutturali che sono andate a sovrapporsi a epifanie della mia vita, ipotesi euristiche che sono diventate ipotesi di lettura dei miei anni, dei fatti che ho vissuto, della vita che meglio e più degnamente ho saputo amare. Ho camminato come chi sa che ogni passo accorcia solo un brevissimo tratto di un tragitto smisurato. E come in un lungo pellegrinaggio, ho fatto del percorso il mio fine. Verso e attraverso la meta del viaggio, anche io, lettore, ho costruito la mia opera e i miei giorni.

Ho raccontato di Dante a studenti e anche molti di loro lo hanno amato. Si sono ritrovati all’interno con l’interesse di neofiti avviati a qualche culto misterico. Hanno appreso non già questo o quello, ma quanto c’è di più importante nello studio, la disciplina dantesca. Già, perché la lettura di Dante non può mai consentire di giungere a significati, se resta compresa in circostanze di occasionalità, di improvvisazione. Lentamente la poesia di Dante allontana da ogni episodicità, da ogni tipo di corriva e avventurosa lettura. Dante respinge il lettore occasionale, curioso e svogliato, il lettore di pagine antologiche, ma anche lo studioso che non ha fatto dello studio un’autentica ragione di vita. Lasciate ogni speranza, ci dice. Quali fondamentali requisiti per leggere Dante? Un’indomita nostalgia per la vita felice, l’amore per la forza ordinativa del pensiero, il riflesso luminoso, nelle buie sventure, di un’armatura morale. Questo basta? Forse no. Direi ancora che bisognerebbe essere muniti di un’altra profonda nostalgia: di verità future. Ed essere in grado di vedere l’attimo che passa sub specie aeternitatis, come incluso nello spazio-tempo di una verità eterna; di saper credere nella luce, nelle pure forme, nei sogni stereometrici, nella parola che si fa trama di suoni e di pensieri, nello sguardo innamorato, nella poesia che trascende l’uomo e s’apre alle voci profonde della memoria, alle aeree campiture dell’alta fantasia.

Eccole le pagine della Commedia: versi, immagini, figure, una congerie di parole e di tremori, di epigrafi fatali, di destini, di umanità per sempre sfiorita e per sempre impressa in una memoria vasta e impersonale. E poi una ridda di peccati, di eventi fatali, di sangue e di amore. Angosce scarlatte nel ventre oscuro della terra; parabole di umanità redenta; inconsumabili fiori di beatitudini. Tutto questo, a poco a poco, è andato nella mia mente confondendosi e districandosi, componendo uno scenario di luci e di ombre, il fondale di un teatro immenso, le cui scene aprono a mille sentieri, a peripati di antiche scuole, tra di loro lontane e confluenti, opposte e vicine. Vi stanno insieme cristianità e mondo classico, figure bibliche e personaggi del mito, padri della chiesa e poeti pagani, teologi ed eretici. Ma nel suo grande affresco non ci sono solo i volti dei secoli lontani, l’umanità che il tempo ha disfatto. Ci sono i volti di tutti i lettori, degli studenti che lo hanno letto e mandato a memoria. Ecco, vi sarà capitato di trovare in un mercatino di libri usati una vecchia edizione della Commedia. L’avrete aperta alla ricerca di quel canto, di quel verso che a memoria vi ritorna, proprio mentre sfogliate le pagine. Ebbene, avrete fatto caso a quegli appunti a matita che fanno cornice intorno alle terzine. Vi sarete domandati quale mano distratta o appassionata li abbia trascritti, in quale scuola, in quale giorno di pioggia o di sole. I versi di Dante, le immagini e i suoni, sono anche un’imponente collegiata di lettori, di alunni di ogni tempo compresi in una calma vertigine, allo stesso modo in cui, in fondo, nel cerchio di Dio, all’ultima visione, si incarna per Dante l’effigie dell’uomo.

C’è una corrispondenza di cui ogni lettore di Dante con meraviglia presto si avvede: l’opera rifrange come un cristallo, un misterioso caleidoscopio le verità per le quali essa si dispone come strumento di ricerca, come struttura assiale. Verso e attraverso la meta del viaggio, le singole parti rispondono dell’intero. Un esempio? Se ne potrebbero citare molti, ma potremmo limitarci a quello più semplice e difficile, a suo modo complessivo: dell’intera configurazione universale risponde l’ordine geometrico dei canti. Il numero tre, ad esempio, è il dividendo per il quale dal numero di un qualsiasi canto del Paradiso si deduce la posizione nel tragitto dei cieli. Sì, una ‘cosmolocalizzazione’ senza ausili satellitari che risale all’incirca a sette secoli fa. E che non si limita a indicarci un semplice dato dell’itinerario, ma che provvede a educarci ad un preciso sistema di valori, a un quadro assiologico di provvide rispondenze: ogni cielo, infatti, informato della virtù della schiera angelica che lo amministra, è una materia astrale che potremmo considerare una colonia del sapere dell’uomo, delle arti liberali. La grammatica, la retorica, la dialettica. E poi l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia. A ciascuna corrisponde la luce di un cielo, Luna, Mercurio, Venere, via via fino al cielo immateriale dell’Empireo, patria teologica. E’ il sapere che ci conduce al progressivo attuarsi della nostra ‘potenza’, della nostra possibilità di essere veracemente. Il sapere, certo, ma anche l’amore, altro nodo centrale della mistica e della poesia dantesca, che ancor più ci fa parte di Dio. Ma il divino non è per Dante ciò di cui il mondo è traccia. E’ l’uomo che può divinizzarsi nella sua dimensione umana. E’ nell’uomo il sentiero, l’itinerario a Dio.

E’ in fondo propria della mistica dantesca questa prospettiva in cui il mondo celeste e l’uomo arrivano a compenetrarsi. Non perché l’uomo si annulli in Dio, come suggerisce Meister Eckhart, l’altro grande esponente della mistica medievale, ma perché nel divino l’uomo resista in quanto uomo, fino a alla fine, nei limiti delle sue facoltà. E’ in questo incarnarsi la mistica di Dante, è in questo restituire a Cristo parte del suo tributo l’orizzonte d’infinito cui può tendere l’uomo.  E’ per questo che quello di Dante è il viaggio di una suprema dignificazione dell’uomo, la splendida metamorfosi di colui che, cittadino di Firenze e poi esule di Italia, si incammina per l’alto mare aperto con le virtù di un novello Giasone, per divenire a poco a poco, fondando una nuova lingua e un mondo nuovo, il cosmonauta di una inaudita milizia, il nuovo Glauco che si fa consorto di Dio. E’ questo lungo tragitto parte dell’itinerario di Dante, che non annulla la storia, il suo tempo, la sua vicenda intima, la sua stessa coscienza. E’ tutto lì, nell’ultima visione, dove anche noi lettori alla fine possiamo riconoscerci, ne la profonda e chiara sussistenza/ de l’alto lume. Ed è Francesco, il grande povero, colui che traduce nel mondo, nell’operari, l’ideale di ‘cristità’ e di riforma che è in Dante. Certo, riforma religiosa, intonata a modelli pauperistici. Ma insieme anche riforma politica e di civiltà, oltre gli interessi di parte, le mire municipalistiche, i settarismi di scuole e ideologie.  Nella nostra civiltà l’opera di Dante è per questo un valore supremo, perché essa è l’opera che dà vertebre alla nostra anima e veramente ci fa vivi nella morte, l’opera che ritrae, negli scenari del suo tempo, l’umanità di ogni epoca, la Storia che ci precede ed oltrepassa, la forza e le contraddizioni dell’amore, i misteri della poesia.

Essa è il manto che si estende lungo tutto il nostro viaggio, dal principio alla fine dell’immagine. Ed è l’opera che si completa della lettura di ognuno. L’opera aperta che si chiude là dove tutto inizia, negli occhi di Dio. E’ la Commedia l’opera grande che l’umanità deve ancora leggere, verso e attraverso la metà del viaggio, per continuare a scrivere la sua storia.

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