Le varianti del virus. Italia al 18 marzo scorso la prevalenza della cosiddetta variante inglese del virus Sars-CoV-2 era del 86,7 per cento, con valori percentuali tra le singole regioni tra il 63,3 e il 100 per cento. Per la variante brasiliana la prevalenza era del 4,0 per cento, mentre le altre monitorate sono sotto lo 0,5. La stima viene dalla nuova indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute insieme con i laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, che fa seguito a quelle diffuse nelle scorse settimane.
Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle regioni e delle province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del Ministero della Salute dello scorso 17 marzo. Il campione richiesto è stato scelto casualmente fra i positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine 126 laboratori.
Le varianti per i virus, in particolare quelli a Rna come i coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. «Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia – ricorda l’Iss – Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione»
«Queste le principali riflessioni emerse dalla ultima survey. «La rilevazione della variante inglese (lineage B.1.1.7) è indicativa di una sua ampia diffusione sul territorio nazionale: dal 54 per cento della scorsa rilevazione all’attuale 86.7 per cento. Quella brasiliana (lineage P.1) ha mantenuto una prevalenza pari al 4 per cento, nella precedente era pari a 4.3 per cento; ma nell’indagine precedente era stata segnalata in Umbria, Toscana e Lazio – si legge nel documento dell’Istituto superiore di sanità – nell’indagine del 18 marzo anche in Emilia Romagna e in diminuzione nel numero totale in Umbria e in aumento, invece, nel Lazio. Al fine di contenerne e attenuarne l’impatto sulla circolazione e sui servizi sanitari è essenziale, mantenendo le misure di mitigazione in tutto il Paese nel contenere e ridurre la diffusione del virus SarS-CoV-2 mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt a valori minori di 1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi».
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