I disturbi neuropsichici emergono in adolescenza

Mar 15, 2021

«L'identificazione del bambino a rischio per un disturbo del neurosviluppo è un punto di partenza fondamentale per stabilire uno stretto rapporto tra i genitori e gli operatori sanitari e per fornire l'intervento precoce»
di Redazione

disturbi neuropsichiciI disturbi neuropsichici rappresentano, per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la seconda causa di burden disease per i soggetti tra i 10-14 anni e l’undicesima per quelli tra i 15 e i 19 anni. Inoltre, sempre secondo dati pubblicati dall’Oms, almeno il 50 per cento di tutte le patologie neuropsichiatriche hanno origine in età evolutiva (con inizio dai 14 anni). E’ quanto si legge nell’articolo ‘Riflessioni su presente e futuro della terapia dei disturbi neuropsichici del bambino edell’adolescente’, scritto da Giovanni Cioni e Giuseppina Sgandurra del dipartimento di Neuroscienze dell’età evolutiva dell’Irccs Fondazione Stella Maris di Pisa e pubblicato sulla rivista «Prospettive in pediatria».

Negli ultimi decenni tutti i Paesi occidentali, e in particolare l’Italia, sono stati interessati da profondi cambiamenti epidemiologici e demografici, caratterizzati da un drammatico incremento di patologie complesse croniche non trasmissibili, quali quelle neuropsichiche dell’età evolutiva. «L’identificazione del bambino a rischio per un disturbo del neurosviluppo – spiegano gli autori  – è un punto di partenza fondamentale per stabilire uno stretto rapporto tra i genitori e gli operatori sanitari e per fornire l’intervento precoce. L’obiettivo di quest’ultimo è prevenire o minimizzare le difficoltà motorie, cognitive, emotive nei bambini piccoli a rischio per le condizioni biologiche o per fattori di rischio ambientali. Riguardo alle condizioni a rischio, una revisione sistematica della Cochrane effettuata per i neonati pretermine, che sono a maggior rischio di andare incontro a disturbi del neurosviluppo, mostra l’evidenza che un intervento precoce nei primi mesi di vita ha effetti positivi sulle prime fasi dello sviluppo psicomotorio».

«Alla base di ogni intervento – spiegano ancora Cioni e Sgandurra – è l’estrema plasticità del sistema nervoso del bambino, poichè essa può essere influenzata da molteplici fattori esterni e interni, costituendo insieme un fattore di vulnerabilità, ma anche di resilienza e base delle possibilità di cura e guarigione. La plasticità cerebrale – continuano – indica la capacità del sistema nervoso centrale di modificare la sua struttura e la sua funzione in relazione ai rendez-vous tra geni, stimoli ambientali e le esperienze. Negli ultimi anni, nell’ambito degli studi sulla plasticità cerebrale, si è sviluppato il concetto di connettoma, in analogia al genoma umano che – ricordano i ricercatori – si riferisce al network delle connessioni delle strutture cerebrali che sono continuamente modellate in relazione alle proprietà della plasticità cerebrale. Essa rappresenta dunque un vero eproprio farmaco per il sistema nervoso centrale del bambino, in quanto può modificare, grazie alla neuromodulazione, la sua storia naturale ed essere alleata dell’intervento, permettendo un miglioramento a lungo termine e addirittura in alcuni casi, se applicata precocemente, la guarigione».

Gli interventi basati sulla neuromodulazione, secondo gli autori, possono essere raggruppati in quattro macroaree: «Comportamentali, farmacologici, elettrofisiologici, biologici. Ciascuno di questi raggruppamenti interagisce preferenzialmente con componenti (o livelli) multipli della plasticita’ cerebrale, probabilmente influenzando diversi meccanismi regolatori e determinando diversi effetti a livello dell’outcome anatomo-funzionale. Inoltre – si legge nel testo – nuove frontiere sono date dall’utilizzo delle Information and communication Technologies (Ict) che hanno consentito di sviluppare una serie di medical device a misura di bambino, che permettono sia il monitoraggio delle attivita’ del bambino anche nel suo ambiente di vita, ma anche di mettere a punto programmi di teleriabilitazione, che vanno dai primi mesi di vita fino all’eta’ adolescenziale».

«Negli ultimi anni – tengono a sottolineare gli studiosi – sono stati sviluppati vari modelli di intervento nel campo della neuromodulazione, che permettono di agire utilizzando e manipolando i meccanismi di plasticità cerebrale grazie a una serie di innovazioni tecnologiche, diagnostiche e terapeutiche, la cui applicazione rappresenta il futuro per il trattamento dei disturbi neuropsichiatrici anche in età evolutiva. Quella che alcuni anni fa era solo una speranza, cioè la possibilità di curare e talvolta guarire questi gravi disturbi – concludono – è già oggi e soprattutto sara’ sempre piu’ nel prossimo futuro una realtà».

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