La didattica a distanza aumenta il disagio. «Per quanto riguarda la salute mentale dei ragazzi siamo di fronte a un’emergenza, che assume risvolti particolarmente drammatici quando si tratta di minori in carico ai servizi sociali. Anche prima della pandemia il sistema era in grave affanno dal punto di vista del supporto psicologico, a causa di un oggettivo sovraccarico dei servizi. Peraltro in generale i ragazzi più facilmente degli adulti si rivolgono alle strutture pubbliche, perchè c’è una certa resistenza delle famiglie a rivolgersi a professionisti privati. La didattica a distanza può contribuire ad acuire il disagio, lo spaesamento, la solitudine. Per questo sarebbe forse più produttivo pensare seriamente a quali forme di sostegno rendere disponibili per i ragazzi piuttosto che insistere per la ripresa delle lezioni in presenza a tutti i costi, se non ci sono le necessarie condizioni di sicurezza». Lo dice il presidente dell’Istituto Psiconalitico per le Ricerche Sociali (Iprs) e direttore della rivista Dromo, Raffaele Bracalenti.
«Purtroppo, e i numeri ormai lo confermano, l’impatto non è stato equamente distribuito: hanno risentito maggiormente delle restrizioni i contesti sociali più fragili, quelli dove le relazioni educative erano già fallite o erano sul punto di fallire, dove le famiglie non possono essere un riferimento perchè gravemente problematiche – spiega Bracalenti – Conosciamo bene queste situazioni, soprattutto nel sud Italia, attraverso il nostro lavoro con la Giustizia Minorile. In assenza di interventi territoriali efficaci, con il venir meno anche delle opportunità di lavoro precarie che la pandemia ha azzerato, da più di un anno la fuoriuscita dai percorsi formativi avvia spirali di marginalità difficilmente recuperabili. Il Recovery Plan potrebbe rappresentare un’opportunità per invertire la rotta».
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