Le varianti Covid preoccupano. In Italia al 18 febbraio la prevalenza di quella inglese del virus Sars-CoV-2 era del 54 per cento, con valori oscillanti tra le singole regioni tra lo zero e il 93,3 per cento. Mentre per quella «brasiliana» era del 4,3 per cento (0%-36,2%) e per la sudafricana dello 0,4 per cento (0%-2,9%). La stima vine dalla nuovissima flash survey condotta dall’Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute insieme con i laboratori regionali e la Fondazione Bruno Kessler.
Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del ministero della Salute. Il campione richiesto è stato scelto in maniera casuale fra quelli positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e se possibile per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 regioni e province autonome e complessivamente 101 laboratori, e sono stati effettuati 1296 sequenziamenti.
Il risultato dell’approfondimento scientifico sulle varianti covid ha quindi prodotto questi risultati: La variante inglese sta diventando quella prevalente nel Paese, e in considerazione della sua maggiore trasmissibilità occorre rafforzare e innalzare le misure di mitigazione in tutto il territorio per contenere e ridurre la diffusione del virus mantenendo o riportando rapidamente i valori di Rt a valori inferiori a 1 e l’incidenza a valori in grado di garantire la possibilità del sistematico tracciamento di tutti i casi. Dai dati emerge una chiara espansione geografica dall’epicentro umbro a regioni quali Lazio e Toscana della cosiddetta variante brasiliana, che deve essere contrastata con le massime misure di mitigazione.
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