«Esiste un filo rosso per intercettare nei bambini e negli adolescenti il rischio di autolesionismo, comportamenti eccessivi o addirittura di commettere gesti estremi come il suidicio: è l’avverbio improvvisamente. Quando ci accorgiamo che i nostri figli improvvisamente cominciano ad avere un calo del rendimento scolastico, non vogliono più frequentare la scuola, si isolano all’improvviso, diventano aggressivi, cambiano carattere, hanno sbalzi di umore, o cominciano a commettere degli atti autolesionistici. Ecco, questi cambi improvvisi sono certamente l’espressione di un disagio e di un malessere, e a quel punto la parola d’ordine per cercare di intercettare la situazione e dialogare». A dirlo è Pietro Ferrara, professore associato di Pediatria generale e specialistica presso l’università Campus Bio-Medico di Roma e referente nazionale della Società italiana di pediatria (Sip) per abusi e maltrattamenti, riflettendo sui recenti episodi di attualità che sempre più spesso vedono minorenni protagonisti delle cronache.
«Appena ci rendiamo conto e intercettiamo un segnale di malessere negli adolescenti – spiega l’esperto – è necessario intervenire e cercare di porre un freno a quella che potrebbe essere poi un’evoluzione drammatica. In età adolescenziale contano moltissimo quelle che oggi vengono chiamate esperienze avverse vissute nell’infanzia, ossia qualunque tipo di esperienza negativa e forte provata da bambini e più è alto il numero di queste esperienze, maggiori sono le conseguenze a distanza». E in adolescenza forte è anche la spinta emulativa: «Il rischio che i comportamenti eccessivi vengano emulati c’è – prosegue Ferrara – specialmente in quelle condizioni in cui l’ambiente e la famiglia sono assenti o sono poco presenti. Questo succede perchè il terreno familiare spesso è privo di dialogo».
Ma cosa si intende per esperienze avverse? «E’ una definizione in cui possono rientrare molte situazioni, tanto che è stato allargato il concetto stesso di maltrattamento – dice il pediatra – ci può rientrare l’essere vittima di bullismo, il vivere in un ambiente familiare ad alta conflittualità ma anche i traumi da disastri. In questo periodo poi il sentire, vedere e leggere tutti i giorni di situazioni di lutto e dolore può acuire e slatentizzare comportamenti eccessivi in persone che non hanno la possibilità di elaborare certe situazioni. Tutto questo può essere una spina irritativa in chi, dal punto di vista maturativo e da quello emozionale, non è pronto a ricevere queste informazioni». Per Ferrara le esperienze avverse vissute nell’infanzia hanno un effetto non solo sulla psiche dei ragazzi ma anche sul fisico «perche’- spiega – tutte le modificazioni biochimiche determinate dall’esposizione a stress cosiddetti tossici di vario tipo possono determinare anche a livello cerebrale delle alterazioni di tipo organico, quindi l’attivazione di aree prefrontali oppure altre aree cerebrali che poi sono la causa dei comportamenti cosiddetti eccessivi: i suicidi, i tentavi di suicidio, l’abuso di sostanze, di alcol, l’aggressività, le condotte delinquenziali». In uno studio realizzato insieme con i suoi collaboratori in merito a 55 suicidi avvenuti tra il 2011 e il 2013 in ragazzi tra i 10 e i 19 anni, il professore ha rilevato come alla base ci fossero sempre situazioni di difficoltà o disagio: fenomeni di bullismo, conflittualità familiari, violenza.
«E’ importante che il pediatra sappia riconoscere questi segnali e che intervenga una volta intercettati – conclude Ferrara – ma è anche importante che ci sia un passaggio di testimone tra pediatra e medico degli adulti. È il medico al quale i ragazzi passano una volta diventati adolescenti, ma che fino a quel momento non li ha mai visti, non conosce la loro storia e la loro situazione familiare, per cui le situazioni di disagio potrebbero sfuggire al controllo».
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