Gli effetti della pandemia su bambini e ragazzi

Nov 24, 2020

L'emergenza Covid e il lockdown ha avuto ricdadute su quattro aree: impatto scolastico, cognitivo, fisico e sociale. Ecco l'ultimo rapporto dell'Ofsted
di Redazione

Gli effetti della pandemia su bambini e ragazziQuali sono stati gli effetti della pandemia su bambini e ragazzi? Regressioni nelle competenze caratterizzata dalla perdita di alcune capacità di base e di apprendimento per i più piccoli e perdita della forma fisica oltre a segni di disagio mentale, incluso un aumento dei disturbi alimentari e dell’autolesionismo, per i più grandi. Gli aspetti emergono dall’ultimo rapporto dell’Ofsted (Office for standards in education, children’s services and skills). La ricerca – condotta in 900 centri educativi del territorio inglese tra settembre e ottobre – ha messo in evidenza come l’impatto della pandemia si sia sviluppato su quattro aree diverse: impatto scolastico, cognitivo, fisico e sociale. Alcuni bambini con genitori che avevano un lavoro meno flessibile e quindi non riuscivano a seguirli direttamente, hanno dimenticato i progressi compiuti con numeri e parole altri sono tornati all’uso del pannolino che avevano abbandonato. Nei più grandi i ricercatori hanno riscontrato anche che molti mancano di resistenza nella lettura e nella scrittura.

«Non dobbiamo meravigliarci – dice Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) – Quando accadono situazioni socialmente molto forti è chiaro che tutti ne risentiamo e le persone più sensibili e più vulnerabili hanno delle ricadute maggiori. Sono aspetti che in Italia avevamo già rilevato e adesso stiamo registrando un peggioramento. Per quanto riguarda gli adolescenti molti sono rimasti in casa, da qui l’espressione sindrome della capanna. Quello che vediamo adesso che stiamo passando da questa sindoine al problema degli hikikomori, ovvero ragazzi chiusi in casa per almeno sei mesi consecutivi che vivono solo col loro computer». E’ per questo che L’IdO ha avviato in tutta Italia dei gruppi sostegno per le famiglie con ragazzi ritirati. A ogni gruppo hanno aderito spontaneamente terapeuti di ogni parte del Paese. «Segno che il problema riguarda trasversalmente tutte le regioni – evidenzia Castelbianco – Così come le forme di autolesionismo fanno parte delle manifestazioni di soggetti vulnerabili quando attraversano momenti di basso tono dell’umore che possono arrivare fino alla depressione».

«Siamo di fronte a situazioni difficili di cui stiamo vedendo solo gli aspetti più manifesti, ma in verità l’aspetto più grave è quanto tutto questo incide negli anni. Ciò che è successo è un trauma – aggiunge Castelbianco – La situazione è molto problematica, il fatto che i ragazzi non vadano a scuola poi è un peggioramento. Noi adulti dobbiamo comprendere che non ci si deve fermare agli aspetti più evidenti o che ci possono colpire emotivamente, ma dobbiamo comprendere quello che c’è dietro. Il tagliarsi, per esempio, per i ragazzi che lo fanno è un modo per sentirsi vivi e noi non dobbiamo fermarci al taglio in sé ma pensare che dietro al cutting c’è una forma di depressione». Anche le regressioni nei bambini più piccoli – rilevate dal rapporto Ofsted – sono aspetti che in Italia erano già stati messi in evidenza. Esiste infatti un servizio – «idO con voi», realizzato con la collaborazione con la Società italiana di pediatria (Sip) –  per supportare famiglie e docenti di bambini con disabilità, bisogni terapeutici educativi speciali.

«La regressione infantile è determinata da più fattori – precisa Castelbianco – e anche i genitori durante il lockdown non hanno avuto facilità di gestione dei figli. E’ chiaro che stare chiusi in casa porti dei problemi però noi adulti dovremmo riuscire in qualche modo ad affrontarli o a dare una linea ai nostri figli».Prova ne è anche lo studio condotto all’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon di Napoli nel pieno dell’emergenza Covid-19 che ha messo in evidenza come durante il lockdown siano aumentati gli accessi in pronto soccorso di bambini e ragazzi con crisi convulsive. «E’ plausibile che ad agire come innesco di queste crisi siano stati i cambiamenti nel ritmo del sonno e un maggior utilizzo dei device elettronici – si legge nello studio – sottolineando come il tempo di utilizzo di pc, tablet, cellulari si fosse triplicato durante il lockdown». Uno scenario che potrebbe peggiorerebbe con un altro confinamento nazionale, dice Castelbianco. «Si potrebbe stare meglio- conclude lo psicoterapeuta – ma dipende da quanto siamo stati capaci di imparare».

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