Con gli occhi delle bambine. Perche l’Italia non è un paese per loro. «Bambine e ragazze che in Italia pagano sulla loro pelle disuguaglianze di genere sistematiche e ben radicate nella nostra società, che si formano già nella prima infanzia, che le lasciano indietro rispetto ai coetanei maschi e che, con la pandemia, sono deflagrate. Circa un milione e 140mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. Un limbo in cui già oggi è intrappolata 1 ragazza su 4, con picchi che si avvicinano al 40 per cento in Sicilia e in Calabria, e che vede percentuali più alte per le ragazze anche nei territori virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove a fronte del 7,7% dei ragazzi, le ragazze Neet sono quasi il doppio (14,6%)».E’ la denuncia di Save the Children che pubblica oggi – a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza pubblica – l’undicesimo Atlante dell’infanzia a rischio in Italia «Con gli occhi delle bambine».
Con gli occhi delle bambine appaiono tutti i divari. Che pesano ad esempio sulla mancata occupazione tra le 15-34enni per il 33 per cento contro il 27,2 dei giovani maschi. L’istruzione resta un fattore protettivo per il futuro delle ragazze, ma anche le giovani che conseguono la laurea stanno pagando la crisi: tra le neolaureate che hanno conseguito il titolo di primo livello nei primi sei mesi del 2019, solo il 62,4% ha trovato lavoro, con un calo di 10 punti percentuali rispetto al 2019, mentre per i laureati maschi – pur penalizzati – il calo è di 8 punti (dal 77,2% al 69,1%), con retribuzioni comunque superiori del 19% rispetto alle neolaureate». L’Atlante fotografa un paese con povertà minorile e disuguaglianze educative. Parliamo di un Paese dove nascono sempre meno bambini e dove la povertà intrappola il loro futuro specie nelle aree più svantaggiate, privandoli di opportunità, passioni e aspirazioni. Questa l’Italia sulla quale si è abbattuto il Covid con conseguenze socio economiche che rischiano di rendere ancor più profonde le disuguaglianze. Già prima della pandemia, nel nostro Paese, 1 milione 137 mila minori (l’11,4% del totale) si trovavano in condizioni di povertà assoluta, senza avere cioè lo stretto necessario per condurre una vita dignitosa. Un dato in calo rispetto al 12,6% del 2018, ma che rischia una nuova impennata proprio per gli effetti del Covid-19, se non saranno messi subito in campo interventi organici per prevenire una crescita esponenziale come quella avvenuta a seguito della crisi economica del 2008, quando la percentuale di poverta’ assoluta minorile e’ quadruplicata in un decennio (era il 3,1% nel 2007).
Più di 1 minore su 5 (il 22%) vive in condizioni di povertà relativa, con la Calabria (42,4%) e la Sicilia (40,1%) ai primi posti di questa triste classifica, mentre Trentino Alto Adige (8,3%) e Toscana (9,8%) si rivelano le regioni più virtuose. «Già prima dell’emergenza Covid, l’ascensore sociale del Paese era fermo: in Italia si è rotto il meccanismo che permetteva di migliorare la propria condizione, di costruirsi un futuro migliore. Un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l’infanzia agli ultimi posti tra le proprie priorità e che di fronte a una sfida sanitaria e socioeconomica come quella che stiamo affrontando, stenta a cambiare strada mettendo i bambini e gli adolescenti al centro delle proprie politiche di rilancio – denuncia Daniela Fatarella, Direttrice generale di Save the Children Italia – Abbiamo una generazione intera da proteggere, per la quale il futuro si costruisce a partire da oggi. E in questa spinta per la ripartenza, le bambine e le ragazze possono e devono essere un volano di sviluppo. I dati e le analisi tracciano per loro un percorso a ostacoli, sfide, problemi, ma mostrano allo stesso tempo la loro capacità di resilienza, del loro saper fare di più anche con minori risorse e della loro spinta a proiettarsi verso l’esterno, ad impegnarsi nella vita pubblica. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Next Generation Eu che l’Italia sta definendo, c’è la volontà di impegnarsi nel superamento delle diseguaglianze di genere. È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacita’ delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati».
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