«Il negazionismo è una condizione di sdegno, nell’ambito di una cultura narcisistica, che induce a non sopportare le indicazioni della scienza. Quello che noi vediamo è che di fronte alla scienza e alla ragione vi è un marcato rifiuto, quando invece proprio ragione e scienza sono la base della nostra civiltà e di quello che noi chiamiamo umanesimo. Diventiamo più umani nel momento in cui rispettiamo la ragione e i principi a cui la civiltà europea ancora oggi si ispira: quelli della rivoluzione cognitiva e della rivoluzione francese». A spiegare il fenomeno del negazionismo è Claudio Mencacci, psichiatra e presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf). «Dal punto di vista psichico, invece – spiega lo psichiatra – il negazionismo è un meccanismo difensivo dalla paura e dall’angoscia arcaico, primordiale e molto tenace. E’ una condizione per la quale il negazionista, facendo uno sforzo enorme, si oppone alla realtà dei fatti e ha bisogno di trovare chi la pensa come lui, perchè non può tollerare una condizione diversa, che proviene dalla ragione. Nei confronti della paura noi possiamo attivare dei sistemi cognitivi che ci permettano di affrontarla. La maniera che noi consideriamo più evoluta è di attuare protezioni da questa paura per cercare di sopravvivere a essa». Ma il negazionismo non è una scoperta. «E’ un filo rosso – spiega Mencacci – che ormai da molti anni attraversa la Sociologia, la Psicologia e la Clinica psichiatrica. Sostanzialmente è un costante attacco all’intellettualismo e nasce dalla convinzione che la mia ignoranza valga quanto la tua conoscenza».
Praticamente un attacco alla scienza in una società che volutamente preferisce la disinformazione. «In questo – dice Mencacci – la scienza ha delle colpe perchè ha dato molte illusioni ma, al contempo è lo psicologo chiarisce che in questo momento chi nega l’esistenza del virus lo fa in maniera arcaica e totale. Quindi, di fatto, non solo espone se stesso ma anche il prosismo al rischio del contagio. «Il grido della loro libertà – ribadisce Mencacci – diventa la condanna per gli altri ad ammalarsi, perchè queste persone non rispettano le indicazioni che provengono dalla scienza». Ma cosa succede se in tempi di pandemia da Covid 19 un negazionista contrae il virus? «In base alla sintomatologia – spiega l’esperto – avremo dei negazionisti pentiti, costretti dalla realtà a prendere atto. Tuttavia, il negazionista è alla ricerca costante di un colpevole. Procedendo con un tentativo di riattualizzazione di un mondo fatto di fantasmi e di paure, un mondo medioevale e preilluminista, fatto di subordinazione mentale».
Un fenomeno che non scomparirà facilmente. «Tanto più scienza, tecnologia e cultura aumentano, tanto più queste fasce di negazionisti aumentano – spiega il presidente Sinpf – Abbiamo una ricca attività di fantasie che se non si riverberassero negativamente sugli altri farebbero parte del principio della democrazia. Il problema invece è che certi comportamenti stanno entrando in contrasto con l’atteggiamento solidale e responsabile nei confronti della collettività che ci viene richiesto. La loro libertà di urlare cozza con la necessità di tutelare la salute di tutti». Negare l’evidenza e cercare un colpevole per ciò che non si comprende – conclude lo psichiatra – è una riproposizione di schemi infantili che la nostra civiltà ha vissuto per millenni quando non avevamo gli strumenti per comprendere e quindi cercavamo spiegazioni in uno spazio invisibile che si popolava di diavoli, streghe, fantasmi. Poi abbiamo compreso che quel mondo invisibile è visibile con altri strumenti e così abbiamo scoperto l’esistenza anche di cose che ci sono pur non percependole con i nostri sensi. E’ così che abbiamo scoperto l’esistenza dei virus e abbiamo fatto un salto cognitivo, utilizzando tecnologie che ci permettono di andare al di là dei nostri strumenti naturali. Questa è la scienza, il resto è fermarsi molto prima».
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