Agricoltura Sostenuta dalla Comunità: cos’è una Csa?

Ott 2, 2020

In inglese Community-supported agriculture (Csa), in francese Association pour le maintien d'une agriculture de proximité (Amap), sono realtà locali diffuse in quasi tutti i paesi europei e del mondo. Una risposta dal basso al fabbisogno alimentare, costruita sulla condivisione di rischi e risorse e sul coinvolgimento diretto del consumatore nelle attività produttive
di Agnese Sciotti

Giappone, 1965. Un gruppo di famiglie preoccupate dal crescente numero di casi di Minamata, sindrome neurologica per avvelenamento da mercurio, organizza un «teikei», versione antesignana delle moderne forme di agricoltura supportata dalla comunità. I primi teikei – che tradotto significa collaborazione – prevedono che in cambio di una quota fissa versata all’agricoltore, quest’ultimo si impegni a fornire latte prodotto ​​senza l’ausilio di sostanze chimiche.

Dieci anni più tardi, dall’altra parte del globo, l’agricoltore e cicloattivista Jan Vander Tuin viaggia nelle campagne svizzere, esplorando le tante organizzazioni di agricoltura partecipata diffuse sul territorio, alla ricerca di modelli alternativi all’agricoltura di mercato. Qualche tempo dopo, nelle campagne zurighesi, fonda la Csa Topinanbur e nel 1984 si trasferisce negli Stati Uniti, per replicare e diffondere lo stesso modello. Dalla fondazione di Temple-Wilton Community Farm, prima vera e propria Csa nel New Hampshire tuttora attiva, ad oggi, sono 1700 i movimenti americani censiti che aderiscono a questo modello agricolo, ognuno dei quali raduna da pochi membri fino a 4.000 nuclei familiari.

In Italia, così come in Francia e Spagna, non esiste un censimento ufficiale delle Csa. Il movimento ha radici giovani, è fatto di realtà originate da fabbisogni del territorio, nate dal basso e in forma completamente sperimentale, spontanea e partecipata. All’infuori di piccole variazioni legate alle necessità specifiche dei contesti associativi, la struttura organizzativa ha per tutti lo stesso modello di base: una comunità autorganizzata in cui la collettivizzazione di risorse, rischi e scelte produttive è finalizzata all’autoproduzione di cibo, ottenuto in misura il più possibile indipendente dal mercato alimentare. I componenti della comunità partecipano direttamente all’intero processo produttivo, sia da un punto di vista finanziario che pratico, contribuendo a spese, scelte agronomiche e partecipando direttamente alle attività di campo, nonché ai processi decisionali.

Come nei primi teikei, anche oggi le comunità nascono da un incontro tra consumatori e agricoltori che condividono competenze, esperienze, tempo e tutte le risorse necessarie a garantire collettivamente la sicurezza dell’approvvigionamento e la qualità del cibo prodotto con gli effetti, non secondari, di inclusione sociale, riduzione dell’impatto ambientale e sviluppo di pratiche agroecologiche. In contesti di precarietà lavorativa, ambientale e sociale, la crescita esponenziale delle Csa in pochi anni dimostra che le risposte ad un modello produttivo fondato sullo sfruttamento, l’esclusione e il rifiuto non sono un’utopia, ma una pluralità di alternative reali.

 

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