Nei bambini e ragazzi con problematiche neuropsichiatriche tra i 6 ai 18 anni è stato osservato un aumento della sintomatologia ossessiva compulsiva, dei comportamenti correlati a un disturbo post traumatico da stress e di alterazione del pensiero. Nei bambini tra uno e 5 anni è invece emerso un aumento della sintomatologia ansiosa e delle lamentele somatiche come il mal di testa o il mal di pancia. Ecco i primi dati sugli effetti che il lockdown ha avuto su bambini e adolescenti con disturbi psichiatrici e neurologici, fotografati nello studio nazionale che l’Irccs Fondazione Stella Maris e l’Università di Pisa (Unipi) hanno realizzato contattando oltre 700 famiglie di pazienti che erano stati in cura presso le sue unità operative cliniche nei mesi prima di marzo.
La ricerca ha previsto, in un gruppo selezionato di pazienti, la somministrazione via rete nei mesi dell’emergenza sanitaria di un questionario rivolto ai genitori, per valutare la presenza nei minori di problematiche comportamentali e emozionali e che era stato somministrato alle stesse famiglie nei 6 mesi precedenti. In questo sottogruppo è stato quindi possibile identificare alcune modificazioni in ambito psicopatologico che possono essere messe in correlazione con alcune variabili ambientali, terapeutiche e relazionali motivate dalla pandemia. L’indagine è stata progettata e condotta dai medici in formazione della Scuola di Specializzazione in Neuropsichiatria Infantile dell’Università di Pisa, diretta dalla professoressa Roberta Battini, che ha sede presso l’Irccs Stella Maris, d’intesa con i direttori delle Unità operative dell’Irccs dedicate alla neurologia, la psichiatria e la riabilitazione.
Lo studio, dal titolo Covid Ps-Impact. Stress familiare e disturbi psicopatologici causati dall’emergenza Covid-19 nella popolazione pediatrica con disturbi neuropsichiatrici: l’esperienza della pandemia Sars-Cov-2 in Italia, si è dimostrato molto rilevante per ampiezza del campione e accuratezza e si inserisce in un più ampio studio internazionale ‘EacdA COVID-19 Survey-Families’, promosso in più di 30 paesi dalla European Academy of Childhood Disability. Questa ricerca, punta quindi a comprendere l’impatto a breve termine del lockdown sui bambini e sui loro familiari rispetto alle loro condizioni di salute fisica, mentale, al loro stato finanziario, alle condizioni generali di vita e alle possibilità di accesso all’istruzione e a trattamenti e alle caratteristiche degli interventi ai percorsi riabilitativi (possibilità di accesso, qualità, continuità terapeutica), alla disponibilità di determinati tipi di trattamenti/servizi e alla qualità dei trattamenti e servizi attualmente forniti.
«Per lo studio sono state reclutate oltre 700 famiglie, mentre per quello di comparazione sono stati selezionati circa 200 pazienti (1-18) per i quali era disponibile nel database dell’Irccs la compilazione da parte dei genitori, effettuata nel periodo che va da settembre 2019 a febbraio 2020, di un questionario ampiamente utilizzato negli studi epidemiologici (Child Behaviour Checklist CBCL) che fornisce un profilo delle problematiche emozionali e comportamentali, nell’intento di evidenziare le differenze di comportamento tra prima e dopo il lockdown. I medici in formazione hanno contattato tutte queste famiglie durante il lockdown, innanzitutto per esprimere loro la vicinanza in un periodo così difficile, per comprendere come stavano vivendo la situazione e per cercare di capire quali fossero le criticità maggiormente emerse. Alle famiglie contattate – precisa l’equipe di studiosi- è stato chiesto di partecipare allo studio e alle molte famiglie che si sono rese disponibili è stato chiesto di compilare online le domande presenti sulla piattaforma dedicata accessibile dal sito della Fondazione Stella Maris».
«Nell’ambito del questionario Eacd Covid-19 Survey-Families si è cercato, ad esempio, di comprendere l’utilizzo della teleriabilitazione come presidio per assicurare la continuità terapeutica nel corso del lockdown. È emerso che durante l’emergenza si è registrata la drastica e generale contrazione di tutti i trattamenti in presenza nelle diverse regioni, sebbene queste fossero diversamente rappresentati come campione di studio; infatti nel campione emergeva una preponderanza toscana (il 37.5%), seguito da un numeroso campione campano (16.8%) e un altrettanto significativo campione ligure (9.5%). Attraverso una prima analisi dei dati- sottolinea la ricerca- e’ possibile osservare una inevitabile riduzione di frequenza in tutte le tipologie di trattamento, con una minore probabilità di interrompere alcuni interventi terapeutici (logopedia e psicomotricità) a livello toscano rispetto al dato nazionale, grazie all’attivazione di teleriabilitazione. Questa teleriabilitazione tuttavia, effettuata per lo più con modalità sperimentali e insufficienti anche per i collegamenti di rete e i dispositivi informatici di molte famiglie, ha potuto mitigare solo molto parzialmente l’effetto negativo dell’interruzione delle cure».
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