Cento chilometri di costa erosa nel Lazio. Il dossier di Legambiente

Lug 30, 2020

di Francesca Lici

cento chilometri di costa erosa nel lazioTrecentosessanta chilometri di litorale con 220 di coste basse sabbiose. E’ questa la lunghezza del litorale laziale. Già negli anni settanta dello scorso secolo il fenomeno dell’erosione costiera era presente, e coinvolgeva circa 25 chilometri di costa, il 10 per cento del totale. Dai dati del Ministero dell’Ambiente si rileva che nel 1990 settantasette chilometri di costa erano sottoposti a erosiodi erosione. Gli ultimi dati sono stati diffusi nel 2018. E sono riferiti al periodo 2007 2012. Da questi si evince che 103 chilometri di tratti di litorale è in erosione (pari a circa il 44 per cento del totale delle spiagge basse sabbiose), con una perdita di arenile stimata in circa 200 mila metri quadrati l’anno. C’è da sottolineare che almeno metà dei tratti in erosione nel Lazio, a fine anni novanta erano già stati protetti da opere rigide (pennelli, barriere radenti e scogliere), che nel 1997 risultavano essere 460.

Nel 2000 – secondo l’Ispra – il Lazio aveva perduto circa 2 milioni di metri quadrati di arenile, che rappresenta un bene economico diretto del valore capitale complessivo di circa 3 miliardi di euro. Tutto questo considerando che dal 1997 al 2016 sono stati realizzati interventi di ripascimento sul litorale per un volume complessivo di circa 7 milioni di metri cubi di sabbia, circa il 33 per cento di tutti i ripascimenti realizzati in Italia nel periodo. «Risulta chiaro – fa sapere Legambiente Lazio – che questa mole di rifornimento di sabbia alla costa ha contribuito a non peggiorare il quadro erosivo complessivo, ma è altrettanto evidente che questi rifornimenti di sabbie hanno avuto durata breve, testimoniando il fatto che non si è intervenuti sulle cause scatenanti la erosione costiera e sul conseguente disequilibrio energetico del sistema».

Tra le zone maggiormente colpite c’è il litorale di Roma (Ostia), oggetto di numerosi interventi sia di opere rigide che di continui ripascimenti. In particolare su questi 10 chilometri di litorale sono state realizzate opere rigide come barriere sommerse ravvicinate (Ostia Ponente) o distanziate (Ostia Centro), pennelli semisommersi (Ostia Ponente e centro), ripascimenti con sabbie da cave terrestri (Ostia Ponente e Centro), con sabbia da cave marine (Ostia Ponente e Levante). Nonostante ciò, dal 1990 al 2015 l’erosione complessiva del litorale romano è passata da circa 50mila metri quadrati a 120mila. Dal 2016 al 2018 la situazione è peggiorata, riportando il litorale tra le emergenze primarie della economia e della tutela ambientale della Regione Lazio.

Secondo il «Rapporto sulle criticità dei litorali laziali, sui criteri di priorità e sulla possibile programmazione degli interventi» curato dalla Regione nel 2016, sono soggette a reiterati collassi anche le zone di San Felice Circeo e Minturno, ma soprattutto il tratto di litorale di Fiumicino nella zona di Focene e Fregene. «In questi ultimi anni – prosegue l’associazione ambientalista – la situazione è ulteriormente peggiorata nella zona di Fregene Sud. «In questo contesto drammatico – prosegue l’associazione ambientalista – si innesta anche il progetto del nuovo porto commerciale di Fiumicino: così come ora concepito, nella sua geometria e dimensioni, avrà un effetto di accentuazione del fenomeno erosivo su tutta la fascia costiera a nord, sempre legato alla accelerazione della corrente di fondo che scorre sotto costa verso nord. Un dato di fatto è evidente: Il sistema costiero non è in equilibrio da tempo, e sarebbe quindi fondamentale intervenire sulle cause scatenanti di questa erosione, la cui escalation è legata soprattutto alla presenza delle opere rigide realizzate ed alla conseguente alterazione della dinamica della corrente litoranea di fondo».

«Barriere e pennelli sono poco utili e i ripascimenti totalmente effimeri, dobbiamo riflettere su questi dati – afferma il presidente di Legambiente Lazio, Roberto Scacchi – e valutare seriamente nuovi interventi volti a semplificare e aiutare il sistema naturale costiero, attraverso un monitoraggio frequente della morfologia costiera allo scopo di analizzare in dettaglio il trasporto litoraneo delle sabbie. L’erosione c’è perché manca apporto detritico dei fiumi con il quale il mare crea nuove sabbie, perché le fasce dunali che difendono la costa e ridanno sabbia alle spiagge sono state distrutte dal cemento, perché le praterie di posidonia che sotto il mare fanno da barriera allo scivolamento sabbioso hanno subito gravissimi ridimensionamenti e perché ogni opera rigida nell’acqua porta squilibri e accelerazioni delle correnti in grado di far scomparire interi chilometri di spiaggia. L’obiettivo deve essere: rinaturalizzare gli alvei fluviali a partire dal Tevere, eliminazione il cemento sulla costa ed evitarne di nuovo, difendere i Sic marini che custodiscono la Posidonia e gli ambienti dunali su tutto il litorale».

 

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