L’espansione commerciale delle imprese riferibili al clan Vinella-Grassi non si è fermata per lockdown. Anzi. Si è proiettata pure nei settori d’impresa che si occupavano di sanificazione dei locali in occasione della pandemia da Covid-19. È quanto emerso dalle indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di sette persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Napoli, eseguita dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza.
Tutti sono accusati di associazione di stampo mafioso, estorsione, illecita concorrenza, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. Sottoposti a sequestro preventivo beni per un valore complessivo di più di 10 milioni di euro, tra cui undici società, immobili, automezzi e un’imbarcazione. I provvedimenti scaturiscono da indagini condotte su alcuni affiliati di spicco del clan camorristico Vanella Grassi dell’area Nord di Napoli, prima satellite del gruppo dei Di Lauro, quindi confluito nel cartello scissionista degli Amato Pagano e divenuto autonomo a seguito della sanguinosa faida degli anni 2012-2013 contro gli Abete Abbinante.
Per due persone si è optato per la misura dell’obbligo di dimora e del divieto di esercizio di impresa e di uffici direttivi di imprese, mentre gli altri cinque per la misura della custodia in carcere. Tra questi c’è il capo della cosca Vanella-Grassi, che continuava a tenere sotto controllo l’organizzazione camorristica, nonostante fosse sottoposto a regime detentivo di carcere duro, orientando le strategie di reinvestimento dei profitti del clan in attività delinquenziali, ma anche in società operanti soprattutto, ma non solo, nei settori della vigilanza privata e in quello immobiliare.
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