Sviluppare kit diagnostici rapidi per il dosaggio di anticorpi e antigeni specifici del coronavirus nei fluidi biologici. E’ questo l’obiettivo del progetto dell’Istituto superiore di Sanità presentato alla piattaforma Science for Peace and Security della Nato. Approvato e finanziato, il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Ospedale universitario di Basilea e l’Ospedale universitario di Tor Vergata di Roma.
«I fluidi biologici analizzati – dice Roberto Nisini, del reparto Immunologia Iss, coordinatore del progetto – saranno il sangue ma anche la saliva e le secrezioni naso faringee da tampone e il risultato si potrà conoscere in un lasso di tempo variabile da pochi minuti a un’ora. Il test sarà strumentale per lo screening iniziale in un triage o in una comunità». L’obiettivo è produrre proteine strutturali ricombinanti codificate da Sars-CoV-2 e anticorpi monoclonali (mAb) specificamente in grado di riconoscere queste proteine. Questi reagenti saranno utilizzati per sviluppare affidabili test diagnostici Covid-19, attraverso un approccio coordinato e multidisciplinare che combina esperienza in immunologia, virologia e biologia molecolare. La procedura di immunizzazione che verrà utilizzata per generare anticorpi monoclonali fornirà anche un modello preclinico di immunogenicità di un vaccino per questa pandemia. L’identificazione di anticorpi antivirus potrebbe rappresentare un primo passo nello sviluppo di immuno terapie basate sulla somministrazione di anticorpi per il trattamento di pazienti infetti.
«I kit diagnostici sviluppati – conclude Nisini – consentiranno un rilevamento più rapido dei Sars-CoV-2 rilasciati nei fluidi corporei umani nell’ambiente e l’identificazione sensibile della risposta immunitaria agli antigeni strutturali SARS-CoV-2. Gli aspetti innovativi di questo progetto includono la possibilità di rilevare e misurare sia le immunoglobuline umane G (IgG), A (IgA) e M (IgM) specifiche per componenti strutturali del Sars-CoV-2 nel siero, che gli antigeni virali nei biofluidi». Lo studio coinvolge ricercatori di diversi dipartimenti e centri dell’Istituto superiore di sanità in un modello collaborativo che si spera possa continuare anche quando l’emergenza Covid-19 sarà superata.
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