Altra ferita al lavoro nel Lazio. Unicredit dichiara seimila esuberi

Mar 2, 2020

Al Mise e al confronto tra le parti il compito di trovare la sintesi e di assicurare alla nostra regione buona occupazione e sviluppo economico
di Pierluigi Talamo, Segretario regionale Uil Lazio

 

Esuberi. Sempre e soltanto esuberi. Lavoratrici e lavoratori ridotti ormai a un numero. Nessun settore è escluso: edilizia, municipalizzate, grande distribuzione, settore assicurativo, editoria, alimentare. Adesso crolla anche il mito del posto in banca, considerato in passato sicuro e ben remunerato. Basta un dato per sfatare una realtà confinata ormai nelle favole: tre grandi gruppi come UniCredit, Bnl, Intesa San Paolo, alle prese con esuberi, esodi volontari e ristrutturazioni interne, hanno già licenziato nella nostra regione oltre mille dipendenti. Ma è soltanto l’inizio. Altre persone potrebbero perdere il lavoro.

Nel piano industriale di Unicredit si parla infatti di più di seimila esuberi sul territorio nazionale. Stiamo parlando di circa 450 sportelli. Roma e il resto della regione potrebbe essere il territorio più colpito sia in termini di lavoratori coinvolti che di presenza di filiali, si va dagli ottocento ai mille esuberi a seconda del tipo di rapporto di lavoro. E’ per questo che con Cgil, Cisl e le relative categorie del settore dei bancari abbiamo chiesto alla Regione Lazio di attivarsi affinché la riorganizzazione di Unicredit non si traduca in un trasferimento di attività e professionalità in altri territori alimentando così il processo di desertificazione di lavoro in atto nel Lazio già da qualche tempo, che vede aziende chiudere per trasferirsi nelle aree a nord del Paese. E’ accaduto già con Sky, con Opel e con altri grandi gruppi. Lo scorso anno la nostra regione ha visto andare in fumo 4mila posti di lavoro stabili e a tempo indeterminato, il lavoro è diventato sempre più precario, retribuito male e con scarse tutele. Complessivamente negli ultimi 5 anni gli stipendi medi del settore privato sono aumentati di appena l’1 per cento in termini nominali, cioè dello 0,2 annuo, pari a 5 euro al mese.

Questo scenario si aggrava ulteriormente perché a differenza di altri grandi gruppi bancari, questa riorganizzazione non prevede alcuna riassunzione a fronte degli esodi. Di fatto l’unico risultato certo è che saranno solo gli azionisti a beneficiare del taglio al costo del lavoro. Non c’è trasparenza sui luoghi in cui il gruppo vuole investire. Ma oltre che occupazionale, il piano dell’Istituto bancario potrebbe creare disagi e difficoltà quotidiane all’accesso al credito anche ai clienti privati e alle piccole e medie aziende dei centri urbani laziali, incrementando il processo di svuotamento bancario. Le ricadute economiche e sociali sarebbero devastanti e per questo devono essere scongiurate.

Il tavolo di confronto aperto in Regione Lazio sulla vertenza Unicredit resta aperto. Nei prossimi giorni valuteremo la risposta del Ministero dello Sviluppo Economico alla richiesta di trovare insieme soluzioni per evitare che il piano industriale dell’Istituto bancario incida negativamente sull’occupazione e sulla possibilità per i cittadini e le imprese di accedere al credito. Dobbiamo ostacolare con ogni mezzo l’ulteriore depauperamento della forza lavoro del nostro territorio ed evitare così il rischio che l’interesse strategico del gruppo Unicredit si sposti sempre di più verso il nord del paese. Al Mise – e al confronto tra le parti – adesso il compito di trovare la sintesi e di assicurare alla nostra regione buona occupazione e sviluppo economico.

 

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