Sembra incredibile, ma accade ancora. In alcune aree del mondo andare a scuola è un lusso non da tutti. Una ragazza adolescente su tre delle famiglie più povere non c’è mai riuscita. Parola dell’Unicef – che attraverso lo studio Addressing the learning crisis: an urgent need to better finance education for the poorest children, realizzato su 42 Paesi con dati disponibili – offre uno spaccato allarmante: il 44 per cento delle ragazze e il 34 per cento dei ragazzi appartenenti al 20 per cento delle famiglie più povere non ha mai frequentato o ha abbandonato la scuola primaria. L’analisi è stata lanciata in occasione dell’incontro dei ministri dell’Istruzione al forum Mondiale sull’Istruzione e in vista dell’incontro annuale del World Economic Forum. Nei paesi presi in analisi, i fondi per l’istruzione dei bambini del 20 per cento delle famiglie più ricche sono circa il doppio rispetto a quanto destinato ai bambini del 20 per cento delle famiglie più povere. Barbados, Danimarca, Irlanda, Norvegia e Svezia sono gli unici Paesi che distribuiscono equamente i fondi per l’istruzione. «In Italia meno del 20% delle risorse pubbliche per l’istruzione sono destinate ai bambini delle famiglie più povere e più del 20 per cento ai bambini delle famiglie più ricche – spiega – il presidente di Unicef Italia, Francesco Samengo – La povertà educativa condiziona l’intera vita di bambini e ragazzi, privandoli di opportunità preziose. Investire nella qualità dell’istruzione significa affrontare le cause della povertà alla radice con enormi benefici per tutto il sistema Paese».
Lo squilibrio nella ripartizione dei fondi per l’istruzione nei paesi ad alto reddito registra uno scarto ingiustificabile: solo il 18,6% delle risorse è destinato al 20 per cento dei bambini delle famiglie indigenti, mentre il 21,7 per cento viene riservato ai ragazzi delle famiglie più agiate. Forbice che si allarga ancor di più nei Paesi a basso reddito: qui solo il 10,3 per cento delle risorse dedicate all’istruzione viene destinato a bambini meno abbienti, mentre più del 37,9 per cento a quelli che hanno avuto la fortuna di nascere in una famiglia più ricca. Le più alte disparità nella spesa per l’istruzione sono state riscontrate nei paesi africani (Guinea, Repubblica Centrafricana, Senegal, Camerun, Benin, Niger, Ruanda, Ghana, Togo e Tunisia), dove i fondi destinati ai bambini più ricchi sono quattro volte superiori rispetto a quelli per i bambini più poveri. Sono Guinea e Repubblica Centrafricana – i paesi con il più alto tasso di bambini che non vanno a scuola – quelli fortunati beneficiano dalle nove alle sei volte di più, dei fondi pubblici per l’istruzione rispetto a quelli che non hanno avuto la stessa sorte. «Fondi limitati e distribuiti in modo diseguale causano classi molto numerose, insegnanti scarsamente formati, mancanza di materiali scolastici e poche infrastrutture – spiega l’Unicef – Tutto ciò genera un impatto negativo sulla frequenza, l’iscrizione e l’apprendimento. Inoltre, povertà, discriminazione dovuta al genere, disabilità, origini etniche o lingua di insegnamento, distanza fisica da scuole e scarse infrastrutture rappresentano ulteriori ostacoli che continuano a impedire l’accesso a un’istruzione di qualità ai bambini più poveri». L’esclusione generà così altra povertà. E la perpetua. Secondo la Banca Mondiale, più della metà dei bambini che vivono nei paesi a basso e medio reddito non sa leggere o comprendere una storia semplice entro la fine della scuola elementare.
Come spezzare questo meccanismo perverso? Lo studio dell’Unicef suggerisce alcune linee guida ai governi: nel piano di distribuzione delle risorse nazionali, i fondi devono essere ripartiti in modo equo. I fondi pubblici devono dare priorità ai primi anni di istruzione. Bisognerebbe almeno garantire un anno di istruzione prescolastica universale a ogni bambino. «Perché chi i piccoli che hanno completato l’istruzione prescolare – spiega l’Unicef – apprendono meglio, hanno più probabilità di andare a scuola e contribuire meglio alle economie dei loro paesi e società da adulti». E poi ancora: destinare almeno il 10 per cento dei budget nazionali per l’istruzione aiuterà a raggiungere l’accesso universale all’istruzione di qualità. «Fino a quando la spesa pubblica per l’istruzione sarà sproporzionatamente orientata a favore dei bambini delle famiglie più ricche – dice Henrietta Fore, Direttore generale dell’Unicef – i più poveri avranno poche speranze di affrancarsi da questa condizione, acquisire le competenze di cui hanno bisogno, avere successo nel mondo di oggi e contribuire alle economie dei loro paesi. Siamo in un momento critico. Solo se investiremo in modo equo e diffuso sull’istruzione dei bambini, avremo la possibilità di aiutarli a uscire dalla povertà, dando loro maggiori competenze, di cui hanno bisogno per accedere alle opportunità e crearne di altre per sé stessi». L’Unicef in Italia porta avanti il progetto Lost in Education rivolto a 4.500 ragazzi e ragazze, 900 famiglie, 600 docenti e 255 attori sociali per il contrasto alla povertà educativa minorile. Il progetto è realizzato in 20 scuole secondarie di primo e secondo grado di sette regioni (Lazio, Lombardia, Sicilia, Puglia, Liguria, Sardegna, Friuli Venezia Giulia) e ha l’obiettivo di rendere questi ragazzi e ragazze, insieme con i loro genitori e insegnanti, consapevoli del cambiamento che possono operare nella società diventando essi stessi pontieri tra scuole e altri attori della comunità educante.
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