L’anno che sta per concludersi ha visto bruciare circa 12 milioni di ettari in Amazzonia, 27 mila ettari del Bacino del Congo, oltre 8 milioni nell’Artico, 328mila ettari tra foreste e altri habitat in Indonesia. In questo momento anche l’Australia sta fronteggiando gli incendi boschivi più pericolosi e catastrofici mai visti prima. Nella giornata mondiale del suolo il Wwf fa il bilancio drammatico degli incendi che hanno un effetto devastante sulla salute dei suoli del Pianeta.
Le fiamme, che sono il risultato della combinazione di deforestazione, agricoltura, zootecnia e cambiamenti climatici, ci stanno portando via vaste aree di foreste. «Uno degli ambienti più straordinari – sottolinea il Wwf – e ricchi di vita del pianeta, da sempre in prima linea contro i cambiamenti climatici e fondamentali. Gli alberi infatti svolgono un ruolo di adattamento al riscaldamento globale e assorbono un’enorme quantità di Co2: la sola foresta amazzonica accumula dai 150 ai 200 miliardi di tonnellate carbonio». Per raccontare con quanta violenza gli incendi di quest’anno hanno messo in crisi le foreste nel mondo e mostrare cosa significherebbe perdere per sempre i polmoni verdi del pianeta, il Wwf Italia ha realizzato il report «Un 2019 di fuoco. La mano dell’uomo nella distruzione delle foreste», che accompagna la campagna di Natale dedicata alle foreste e si focalizza sulle situazioni delle principali foreste in Amazzonia, Indonesia, Repubblica del Congo e Australia.
Ecco il dettaglio della devastazione del fuoco. Amazzonia. Il sistema Terra, nella sua interezza, funziona attraverso alcuni grandi sistemi ecologici fondamentali per la vita sul pianeta e l’Amazzonia è una di queste: genera piogge, raffredda la Terra, assorbe gas serra, immagazzina carbonio, custodisce il 10 per cento della biodiversità, contrasta la desertificazione, produce acqua cibo e medicine, per tutto il pianeta. La scomparsa dell’Amazzonia, in una sorta di effetto domino, condizionerebbe il futuro di tutto il pianeta. A oggi abbiamo perso più del 17% della superficie forestale e stiamo di corsa raggiungendo il traguardo del 20%. Negli anni 90, e prima ancora negli anni 80, c’è stata una pesante deforestazione che in alcune fasi colpiva 3 milioni di ettari di foresta all’anno. I tassi di deforestazione in Brasile sono cresciuti lentamente aumentando fino al 2005, per poi iniziare a calare. Dal 2016 il tasso di deforestazione in Amazzonia sta aumentando e a mostrarlo sono i dati dell’istituto Nazionale di Ricerca Spaziale (INPE), che indicano come nel solo mese di agosto 2019 si siano raggiunti tassi di deforestazione 222 per cento più intensi, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Quest’anno gli incendi in Amazzonia sono stati terribili: secondo il portale Conservation International, dal primo gennaio 2019 al 15 novembre, in Amazzonia sono stati ben 233.473 gli incendi registrati. A luglio di quest’anno, poi, si è raggiunto un livello record di deforestazione pari a 2.250 chilometri quadrati di foresta persa e agosto è stato individuato come uno dei mesi peggiori degli ultimi 5 anni per il numero di incendi con ben 75.356 focolai. Gli incendi boschivi sono direttamente correlati alla deforestazione e, nonostante il calo del numero di incendi a settembre (inferiore del 20% rispetto al 2018), l’eliminazione delle foreste continua a tassi altissimi. Fino ai primi 19 giorni di settembre, l’area totale dei punti di deforestazione nell’Amazzonia brasiliana ha coperto 7.580 chilometri quadrati, con una crescita significativa del 153 per cento rispetto agli ultimi 10 anni.
Non c’è solo l’Amazzonia. In Bolivia un’enorme perdita di biodiversità. Più di due milioni di animali selvatici, tra cui circa 500 giaguari, ma anche puma e lama, sono morti in 2 settimane di incendi che hanno devastato enormi aree delle foreste boliviane, in particolare la savana tropicale Chiquitania nell’Est del Paese. 5,3 milioni di ettari (un’area piu’ grande dell’intera Costa Rica) sono stati distrutti e circa il 40 per cento di quest’area era coperta da foreste. Gli incendi in Indonesia sono stati i peggiori dal 2015. Più di 328mila ettari – un’area quattro volte e mezzo le dimensioni di Singapore – sono stati inceneriti, generando circa 360 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica in appena un mese e mezzo (dal primo agosto al 18 settembre) secondo i dati del servizio di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus dell’Ue.
In Africa la scorsa estate si è registrato il 70 per cento dei 10mila incendi che hanno colpito tutto il mondo in un giorno medio di agosto. L’Angola in certi momenti ha contato quasi il triplo degli incendi del Brasile secondo le immagini satellitari della Nasa, che indicavano circa 6mila incendi in Angola, più di 3mila in Congo e poco più di 2mila in Brasile. E infine Australia. Anche il triangolo dei koala sta affrontando alcuni degli incendi boschivi più pericolosi e catastrofici mai visti prima, che si stanno diffondendo nell’area del New South Wales e del Queensland. Solo nel New South Wales le fiamme hanno bruciato circa un milione di ettari e ucciso ben 350 koala, mentre molti di più sono feriti e altri ormai sono senza un rifugio sicuro.
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