Una quercia di oltre 560 anni, tra le cinque più vecchie del Pianeta, sorge nella faggeta di Valle Infernale nel Parco Nazionale dell’Aspromonte. La scoperta è stata effettuata nell’ambito delle ricerche congiunte tra Ente Parco, carabinieri forestali e Università della Tuscia, finalizzate all’ampliamento del sito Unesco «Ancient and Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe», che tutela aree forestali europee strategiche per la conservazione di questo patrimonio mondiale.
Il team di ricerca – coordinato dal professore Gianluca Piovesan dell’Università della Tuscia, Dafne – ha rinvenuto alcune roveri monumentali all’interno della faggeta di Valle Infernale, gestita dal Raggruppamento Carabinieri Biodiversità (Foresta Demaniale dell’Alto Aspromonte). Una di queste querce, di quasi due metri di diametro, ha rivelato un’età di oltre 560 anni: si tratta, come spesso accade negli alberi monumentali, di un esemplare con il fusto cariato, per cui la datazione, effettuata da Lucio Calcagnile e Gianluca Quarta del Centro di fisica applicata datazione e diagnostica dell’Università del Salento (Cedad) con il metodo del radiocarbonio, è stata possibile solo grazie a una piccola porzione di legno parzialmente conservato all’interno del fusto cavo. La foresta demaniale dell’alto Aspromonte, grazie alla lunga opera di tutela operata dal Corpo Forestale prima e dai Carabinieri Forestali oggi, rappresenta un caso di studio di eccellenza nella conservazione della natura, tanto che questo esempio sarà divulgato nell’ambito del progetto Italian Mountain.
«Tra i tanti compiti che un Parco Nazionale è chiamato a svolgere, non si può trascurare l’indagine scientifica, che è alla base di qualsiasi politica di conservazione dell’ambiente – ha detto il direttore del Parco nazionale d’Aspromonte Sergio Tralongo – Gli studiosi che stanno lavorando sull’Aspromonte, continuano a svelarci un patrimonio straordinario, finora quasi sconosciuto. La collaborazione con il mondo accademico è per noi fondamentale, per accrescere le nostre conoscenze, ma anche per favorire il legame del Parco con il suo territorio e la crescita professionale dei laureati nel settore».
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