Vacanze finite. Tutti ormai sono tornati alla quotidianità ma con qualche chilo in più. A rilevarlo è un sondaggio realizzato dall’Università Popolare Stefano Benemeglio delle Discipline Analogiche (www.upda.it). L’analisi ha riguardato un campione di mille uomini e mille donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Questo il risultato: il 32 per cento è ingrassato proprio nei mesi del relax estivo.
«In estate siamo maggiormente esposti a prendere peso, lasciandoci andare ai piaceri della tavola, concedendoci molti sfizi e rinunciando perfino a sport e attività fisiche che invece pratichiamo abitualmente in altri periodi dell’anno – puntualizza la dottoressa Samuela Stano, presidente dell’Università Popolare – È così che ci ritroviamo ad avere il 40 per cento della popolazione italiana in sovrappeso e il 10 per cento di obesi (proiezione 2019 dell’Università su dati dell’Istituto Superiore di Sanità)».
A dichiarare di seguire una dieta durante tutto l’anno è stato appena il 9 per cento del campione e durante le ferie, subito dopo la prova costume, c’è il maggior tasso di abbandono (65 per cento). Paradossalmente, a ingrassare è anche chi ha dichiarato di non avere mangiato di più e perfino chi ha sostenuto di continuare a fare attività fisica, non riuscendo a perdere peso nonostante l’impegno. Come è possibile? «Spesso è una questione di metabolismo – spiega lo psicologo Stefano Benemeglio, padre delle discipline analogiche – Spesso basterebbero poche sedute specifiche che consentirebbero non solo di perdere peso ma anche di mantenere i risultati nel tempo e di superare i possibili disturbi connessi».
Quando non si riesce proprio a dimagrire – sostengono gli esperti dell’Upda – è all’inconscio che si deve guardare. L’obiettivo è quello di trovare la causa, che poi è un malessere che spesso ci portiamo dietro da anni a causa di eventi accaduti nella nostra vita, che ci inducono – tra l’altro – ad avere un comportamento alimentare sbagliato. «Spesso è proprio la sofferenza accumulata che porta a compensare con qualcosa che ci può far piacere come il cibo – conclude la dottoressa Strano – In questo caso, l’analogista può intervenire facendo sì che la persona possa consumare quelle sofferenze e farle regredire, così come la rabbia, le paure, i sensi di colpa».
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