Sono una madre disperata che lotta per suo figlio. Quello che è successo a me può accadere a tutti, senza motivo, fintanto che non saranno fissati dei limiti al potere di singoli assistenti sociali che, data l’attuale legislazione, possono prendere decisioni arbitrarie, rovinando così la vita di bambini sereni e famiglie normali.
Nel mese di giugno mi è stato sottratto l’unico, adorato, figlio di appena 3 anni da un’assistente sociale che con una relazione manipolata travisava le mie affermazioni e riportava i miei comportamenti in modo fazioso e senza la possibilità di un contraddittorio. La stessa ha motivato un prelievo coatto del bambino con un articolo 403 con ragioni non attinenti al procedimento stesso, che è considerato d’emergenza e da attuarsi solo in estrema ratio per motivi veramente gravi. Continuo a non capire perché mio figlio sia stato prelevato quasi contestualmente all’unico incontro di un’ora avvenuto presso il Comune. Peraltro non è stata svolta nessuna indagine negli ambienti dove il bambino interagisce o con le persone che lo frequentano abitualmente. Pediatra, vicini, ginecologa, maestre e religiosi vicini alla famiglia, che magari si potevano interpellare prima di una decisione tanto violenta, hanno volontariamente offerto relazioni a supporto delle condizioni del bambino e del rapporto genitoriale. Tutta la città è incredula di fronte ad un abuso di questa portata.
Intanto il Tribunale dei Minori ha confermato la collocazione del piccolo in casa famiglia in attesa di accertamenti e almeno fino a settembre, un’eternità per un bambino di appena 3 anni. Mio figlio, che non aveva mai dormito lontano dal suo nucleo, è attualmente in una casa famiglia. Posso vederlo una sola volta a settimana per una sola ora e sotto supervisione. Non possono esserci video telefonate e comunque ogni modalità d’incontro e dialogo col bambino viene stabilita in modo arbitrario dalla stessa assistente sociale che l’ha portato via con tanta leggerezza. Mio figlio piange, si dispera e chiede di me, dice “vieni a prendermi subito, mamma, vieni proprio adesso”, “voglio stare con te”, “portami a casa con te”, “mamma, il letto è scomodo”, “mamma sono triste perché sono stanco di stare qui, nessuno mi bacia i piedini la sera e a dormire porto la tua foto perché mi sento solo”… Durante l’ultimo incontro il bambino con forza si teneva aggrappato a me piangendo e supplicando di tornare a casa, sotto gli occhi commossi del personale del Comune. Quale il motivo per giustificare tanto dolore e un trauma così grande per un bambino piccolo, se è uno strazio insopportabile anche per gli adulti estranei che vi assistono?
L’assistente sociale per telefono ha detto che mio figlio sta bene. Invece mio figlio soffre e in un mese è completamente cambiato. Ogni volta è più spento, ha un velo di tristezza nello sguardo, ha perso la gioia e l’innocenza e, fatto ancora più preoccupante, comincia a rassegnarsi. Prima di parlare e dopo aver parlato cerca con gli occhi l’approvazione dell’educatore della casa famiglia, mentre con noi era un grande chiacchierone pieno d’iniziativa. Nelle ultime telefonate è sempre più silenzioso e sono gli educatori a mettergli in bocca quello che deve dire. Ha iniziato a balbettare e dire parole o gruppi di parole in maniera ripetitiva, comportamenti che mai avevo potuto verificare fino alla data del prelievo e che esperti mi hanno indicato come sintomo del malessere legato alla situazione. Sono in separazione giudiziale con un ex marito dalle tendenze, purtroppo, aggressive, ma questo esula dall’amore, dalla cura, dalla dedizione verso un figlio tanto desiderato e voluto. Conduco una vita sana, mi occupo di mio figlio e del mio lavoro, nel settore della comunicazione: da umanista non capisco come in un paese civile possano accadere soprusi tanto clamorosi a cielo aperto.
Una sola persona, un assistente sociale, ha deciso in meno di un’ora sulla base di valutazioni sommarie e illazioni maldestre, di portare lontano da me e da tutta la famiglia mio figlio, che era un bambino felice, sereno e amato. Il bimbo è stato prelevato in pieno centro cittadino, senza la presentazione di alcun atto, il giorno della chiusura della campagna elettorale comunale, nell’asilo che frequentava, a poche ore prima del saggio su cui si era tanto impegnato e davanti a tutti (infatti molti genitori erano presenti per la recita di fine anno). Ancora più importante, il bambino, cagionevole di salute, allergico e soggetto a convulsioni febbrili veniva portato via senza che fosse richiesta cartella clinica, né alcuna specifica riguardo il suo stato di salute, informazioni che ho potuto fornire solo in un secondo momento.
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