Il rapporto tra relazioni sindacali e crescita economica

Lug 12, 2019

«Contrattazione e il ruolo dei corpi intermedi sono fondamentali per la tenuta democratica e lo sviluppo del Paese
di Alberto Civica

Il rapporto tra relazioni sindacali e crescita economicaEsiste un rapporto stretto tra il sistema delle relazioni sindacali e la crescita economica di un Paese, soprattutto in termini di Pil, occupazione e redditi. Ciò d’altronde è facilmente comprensibile se consideriamo che rapporti industriali pacifici e cooperativi, favoriti da un’efficace azione sindacale, contribuiscono ad aumentare le capacità del mercato del lavoro e più in generale del sistema economico.

Di contro, relazioni lavorative conflittuali producono maggiore squilibrio e quindi maggiore disoccupazione per i lavoratori e minore produttività per le imprese. Ma tutto ciò è dimostrato dai dati statistici. Il Global Competitiveness Index – l’indice sintetico stilato annualmente dal World Economic Forum per misurare il livello di competitività dei vari Paesi –  dimostra infatti come le nazioni più organizzate siano in realtà quelle in cui esiste una maggiore presenza delle associazioni sindacali, datoriali e un maggior rispetto dei contratti. Se si prende in considerazione, ad esempio, il rapporto tra management e lavoratori – che rappresenta uno dei sette indicatori dell’Index – si nota come l’Italia in un solo anno abbia perso ben dodici posizioni, scendendo così al 114 posto su 140 Paesi. Primi in classifica la Svizzera, l’Olanda, la Danimarca, il Lussemburgo, la Norvegia.

Discorso simile se si confronta il Pil pro capite. Uno studio del Cer sul nostro Paese ha dimostrato come una concertazione efficiente può stimolare la crescita al punto da determinare un incremento del Pil di due punti percentuali. La diffusione dell’esperienza sindacale nei Paesi europei mostra come siano soprattutto il Belgio e i Paesi nordici – dove le organizzazioni sindacali spesso gestiscono anche i sussidi di disoccupazione – a registrare il tasso di sindacalizzazione più elevato. Tasso che arriva a superare il 50 per cento. L’Italia, invece, con un indice pari al 35,7 per cento, si colloca nella fascia media (compresa tra il 30 e il 40%), insieme al Lussemburgo.

Anche per quanto riguarda l’associazionismo datoriale, ovvero la quota di dipendenti che lavorano in imprese iscritte alle associazioni imprenditoriali, si nota come sia soprattutto il Nord Europa ad ottenere le performance migliori, con l’exploit del Belgio, dove oltre il 90 per cento delle imprese risulta iscritta a organizzazioni datoriali. Minime invece le percentuali di Portogallo e Regno Unito; in Italia tale valore raggiunge il 56 per cento, un risultato pressoché intermedio che comunque risulta superiore alla media dei Paesi Ocse (pari al 51 per cento). Il Nord Europa primeggia anche nella diffusione dei contratti collettivi, ovvero firmati dalle associazioni sindacali di categoria. Se Belgio e Francia, con un livello di copertura quasi totale, ottengono i primi posti, in Svezia e Danimarca il contratto collettivo riguarda circa il 90% dei lavoratori. Contrattazione e il ruolo dei corpi intermedi sono quindi fondamentali non solo per la tenuta democratica ma anche per lo sviluppo stesso del Paese.

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