A soffrire di disturbi neuropsichiatrici nel Lazio – come nel resto del Paese – sono dal 10 al 20 per cento dei bambini e degli adolescenti, ma solo un utente su due accede ai servizi di neuropsichiatria per una diagnosi, e solo uno su tre ottiene un intervento terapeutico riabilitativo. E’ un quadro desolante quello che è emerso nei giorni scorsi durante un’audizione in commissione sanità al Consiglio regionale del Lazio.
«Dobbiamo partire da zero – ha detto Enza Ancona, segretario della sezione Lazio della Società italiana di neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza (Sinpia) – Nel Lazio i decreti ci sono ma manca l’attuazione. È finito, ad esempio, nel dimenticatoio il decreto 424 del 2012 sul fabbisogno dei servizi per l’adolescenza, non ci sono le procedure sul decreto 188 per l’inserimento nelle comunità terapeutiche. Mancano i criteri di appropriatezza delle procedure di continuità ospedale territorio, abbiamo un far west».
E’ per questo che la Sinpia chiede alla Regione Lazio di sviluppare «una rete di curanti che non coinvolga solo i servizi di neuropsichiatria per la creazione dei percorsi di cura per bambini e adolescenti». Critico è anche il passaggio all’età adulta. «E’ fondamentale creare zone intermedie dove non debba esserci la scadenza del diciottesimo anno di età – spiega Ancona – in modo che il percorso di accompagnamento possa seguire il minore nel passaggio ai servizi dedicati all’età adulta». C’è molto lavoro da fare: prevenzione, organizzazione dei servizi, creazione percorsi terapeutici appropriati. La Regione sta lavorando. «Siamo fiduciosi – conclude Ancona – dobbiamo fare di più, perché i bisogni sono tanti».
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