Italia quintultima in Europa per spesa in istruzione. Con appena il 3,9 per cento del Pil, rispetto al 4,7 per cento della media europea, il nostro Paese è inferiore a Francia (5,4%), Regno Unito (4,7%) e Germania (4,2%). Questo quanto emerge dal secondo Rapporto sulla povertà educativa minorile in Italia realizzato da Openpolis in collaborazione con l’associazione ‘Con i Bambini’, presentato presso il Centro Congressi dell’Università La Sapienza.
Un quadro generale preoccupante, che al suo interno contiene numerose e ulteriori criticità, come le differenze fra le aree del Paese. Profonde disuguaglianze ci sono tra centro e periferia, tra Nord e Sud (esempio, le cinque regioni che offrono meno posti in asilo nido sono tutte del Mezzogiorno, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania); tra comuni più connessi e aree interne (il 10,3% dei ragazzi tra 14 e 18 anni residenti in Italia vive in un comune interno senza scuola superiore statale).
In Italia in media la popolazione con meno di 18 anni rappresenta il 16,2% dei residenti. Nei comuni periferici e ultraperiferici, la popolazione con meno di 18 anni arriva a malapena al 15 per cento. Mentre la quota cresce fino al 17% nei comuni di cintura, ovvero gli agglomerati urbani attorno alle città maggiori, e nei poli intercomunali. Nelle aree interne il ruolo della scuola è importante anche come fattore di coesione territoriale. Allo stesso tempo, per ragioni che chiamano in causa la perifericità di queste zone, l’offerta educativa può risultare compromessa.
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