E’ un sindaco. Amministra un Comune del sud con oltre cinquantamila abitanti. E’ a lui che ignoti aggressori bruciano l’auto parcheggiata vicino casa. L’identikit lo disegna Avviso Pubblico nell’ottavo rapporto «Amministratori sotto tiro». Prepotenze e minacce rendono il lavoro degli amministratori sempre più difficile, continuamente sottoposto a tentativi di condizionamento, in ogni angolo d’Italia. Nel 2018 sono stati 574 gli atti intimidatori nei loro confronti, una media di undici a settimana, uno ogni 15 ore. Dal 2011 ad oggi sono aumentati del 170 per cento. La Campania è la regione più ferita, con 93 episodi censiti. Segue la Sicilia, con 87. Al terzo posto la Puglia con 59 e poi la Calabria con 56. Ad eccezione della Valle d’Aosta non esistono territori felici: sono 84 le province coinvolte – pari al 78,5 per cento del territorio nazionale – e 309 i Comuni interessati.
Analizzando i dati del dossier per province si scopre che Roma è il terzo territorio più colpito: sono stati venti casi nel 2018, contro i 17 del 2017. Peggio della Capitale c’è solo la provincia di Napoli con 47 intimidazioni e quella di Palermo con 25. Complessivamente il Lazio si colloca all’ottavo posto nella particolare classifica delle arroganze e dei soprusi: diciassette i comuni interessati, 36 gli eventi registrati. Erano stati 24 nel precedente rapporto, 21 nel 2016. Dopo Roma c’è Latina con dieci intimidazioni, segue Viterbo con tre, Frosinone 2 e Rieti con una. Nella cronologia dell’identikit di Avviso pubblico torviamo notizie sugli insulti social all’ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi e quelle al primo cittadino di Latina Damiano Coletta. Ci sono le scritte ostili al sindaco di Fiumicino Esterino Montino. C’è poi l’auto incendiata all’ex sindaco di Ardea e quella bruciata a Sora al consigliere regionale Loreto Marcelli. Mentre per la sindaca Virginia Raggi è stata predisposta la «sensibilizzazione» del dispositivo di sicurezza a seguito della demolizione di abitazioni abusive del clan dei Casamonica. Non mancano le buste con proiettili. Ne sa qualcosa Marina Inches, ex segretaria del comune di Anzio. A lei è stata recapitata una busta con un foglio dove era scritto «stai zitta» e una pallottola. E poi ancora: lo scorso anno si era chiuso con l’aggressione a Ponza di Danilo D’amico, esponente politico di opposizione.
Un mix di avvertimenti diretti o indiretti – diversi tra nord a sud del Paese – che si materializzano con roghi, danneggiamenti alle strutture pubbliche, insulti, minacce verbali, scritte offensive, aggressioni, lettere e telefonate minatorie. Un combinazione che scuote la vita di uomini e donne, che può far gettare la spugna. «Non è normale diventare il bersaglio di minacce spesso reiterate quando si ricopre un incarico pubblico – dice Roberto Montà, Sindaco di Gugliasco e Presidente di Avviso Pubblico – Tutti gli amministratori che finiscono sotto tiro devono denunciarlo immediatamente». Il fenomeno è molto articolato. L’identikit di Avviso Pubblico è però tracciato. Non tutte le intimidazioni hanno una matrice criminale e mafiosa. Aumentano infatti gli episodi in cui non sono mafie altre organizzazioni criminali a colpire, quanto singoli cittadini o gruppi di essi (169 i casi di questo tipo, il 29 per cento). «Sono cittadini disillusi, incattiviti – spiega il rapporto – in cerca di risposte che la politica non è stata e non sembra in grado di fornire, finiscono per riversare su vari capri espiatori il proprio malcontento». Tra questi i sindaci, i minisindaci, il personale della pubblica amministrazione percepiti come privilegiati o peggio ancora come corrotti. «Gli amministratori locali sono la spina dorsale del Paese – spiega il Generale Giuseppe Governale, Direttore della Direzione Investigativa Antimafia – Il numero delle intimidazioni è allarmante, ma può essere letto anche in un altro verso: vuol dire che sempre più sindaci si oppongono, danno fastidio, costruiscono consapevolezza nelle comunità sui problemi legati alla presenza nei territori di fenomeni criminali e mafiosi». Intanto sono sedici i Comuni nel mirino da anni. Nel dossier compaiono anche tre territori del Lazio. Anzio, Ardea e il X Municipio di Ostia. «Risalendo ancora più indietro nel tempo – scrive Avviso Pubblico – notiamo che in sei di questi – Licata, Rosolini, Gela, Scanzano Jonico, Carovigno e Ostia – si sono verificati atti intimidatori anche nel 2015. A Carovigno e Ostia persino nel 2014». Fenomeni talmente radicati ormai, che rischiano di ricadere nella normalità. Come se normale fosse vivere sotto tiro.
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