Le parole che i pazienti oncologici non vogliono sentire

Feb 25, 2019

Un convegno per orientarsi in un mare di notizie. Tra frasi sbagliate, fake e voglia di normalità
di Francesca Lici

Le parole che i pazienti oncologici non vogliono sentireCi sono parole che i pazienti oncologici non vogliono proprio sentire. Nè leggere, se possibile. Ecco un piccolo campionario di vocaboli pronunciati senza troppo pensare o peggio ancora che denotano una sensibilità ridotta ai minimi termini: «Survivor, vittoria, sconfitta». Che dire poi di termini come «guerra», «guerriere» o «guerrieri»? Fidatevi, voi pensate di essere stati originali, vicini, solidali. Ma ai vostri parenti, amici o conoscenti avrete provocato sicuramente fastidio. Il consiglio viene proprio da alcune pazienti oncologiche intervenute all’incontro «Come orientarsi in un mare di notizie», promosso da IncontraDonna Onlus, che si è svolto lo scorso sabato presso l’Ordine dei medici di Roma.

Non solo parole, ma anche immagini. «Basta volti emaciati, con foulard e sguardi depressi – ha detto una ragazza – Le persone che sono in terapia per un tumore vivono, lavorano, vanno avanti». E poi: «Ecco – ha raccontato una giovane in trattamento per un tumore al seno – io ho ripreso a lavorare, sto rientrando». «Continuo ad andare a scuola – ha aggiunto una maestra – a stare con i bambini, ho il busto per via delle metastasi ossee, ma vado avanti».

All’incontro sì è parlato di informazione in ambito medico, di come orientarsi tra sensazionalismo mediatico, fake news, social media e di come i medici debbano approcciare pazienti che arrivano da loro, portando quasi sempre, insieme con le cartelle degli esami, una ricerca autodidatta sul web. Lo ha spiegato Carlo Capalbo, oncologo dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, che ha affrontato gli argomenti più alla ribalta sulla stampa come immunoterapia, protocolli sperimentali tra Usa e Italia, ma anche quello che è assente sui giornali ovvero le patologie oncologiche negli anziani. Insomma, un po’ di fantasia. Arricchiamo il nostro linguaggio, troviamo le parole giuste, perchè chi è alle prese con cure invasive desidera certamente sostegno. Ma cerca anche tanta normalità. E il solito campionario di vocaboli diventa solo un altro fastidio quotidiano.

 

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