Una crescita debole. O qualcosa che somiglia più a un accenno di frenata. Il quadro del Lazio che emerge dall’aggiornamento congiunturale della Banca d’Italia «l’Economia del Lazio» – pubblicato oggi – certifica che nel nei primi sei mesi del 2018 la crescita economica della nostra regione sta rallentando. Il settore delle costruzioni resta fermo mentre le esportazioni sono diminuite del 2,3 per cento rispetto al 2017. Se da un lato il turismo registra un aumento di 3,1 punti percentuali con una spesa dei visitatori stranieri cresciuta del 6,8 per cento, dall’altro rallenta la crescita degli occupati e ristagna il credito alle imprese, mentre cresce quello alle famiglie.
«Nella prima parte dell’anno – ha spiegato il direttore della sede romana della Banca d’Italia, di Pier Luigi Mariani – l’andamento è stato più favorevole per le aziende di maggiori dimensioni e per il comparto industriale, che ha visto moderatamente espandersi il fatturato. Anche la spesa per gli investimenti resta alquanto contenuta, in un quadro in cui il Lazio è già sotto la media nazionale». Una situazione che complessivamente «continua a essere positiva», sostengono da Via Nazionale, ma certo il ritmo di crescita sembra fare il fiato grosso. «Siamo in un fase che richiede particolare attenzione – ha aggiunto Mariani – non dobbiamo assolutamente perdere la spinta positiva, perchè se ci si ferma poi è difficile ripartire».
Uno sguardo al mercato del lavoro. Nel Lazio registra un aumento dello 0,4 per cento, contenuto rispetto alla media nazionale che si attesta al più 1,2%. A trainare quello 0,4 è la componente femminile. Praticamente delle novemila persone che hanno trovato lavoro, 2mila sono uomini e 7mila sono donne. In linea con l’andamento nazionale, la crescita occupazionale si è concentrata nel lavoro dipendente (1,3%), mentre il numero dei lavoratori autonomi è nuovamente tornato a calare (meno 3%). E c’è la solita contraddizione che dà segni positivi, ma poche certezze per il futuro. «L’espansione del lavoro dipendente – ha spiegato la Banca d’Italia – è stata trainata dai contratti a termine, che, al netto delle cessazioni e delle trasformazioni, sono state quasi 38mila nel primo semestre 2018, circa 13.600 quelle a tempo indeterminato». C’è poco da stare sereni, insomma. Considerando che l’Istat nel terzo trimestre ha registrato una crescita zero a livello nazionale.
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