Incidenti, suicidi e omicidi: l’alcol stordisce e miete vittime. Sono state 435mila le morti negli ultimi dieci anni per patologie correlate all’uso di questa sostanza psicotropa, che a conti fatti, causa più vittime in termini di dipendenza, rispetto a fumo, droghe sintetiche e cocaina. Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto «Indagine sull’Alcolismo in Italia. Tre percorsi di ricerca», realizzato dall’Osservatorio permanente Eurispes/Enpam su salute, previdenza e legalità
Si beve a qualunque ora, sempre più lontano dai pasti e soprattutto tra le giovani generazioni. Oltre sei italiani su dieci mettono l’alcol in relazione alla convivialità, al relax, al piacere e alla spensieratezza (63,4%). Solo un quarto, al contrario, lo associa a concetti negativi, come la fuga dai problemi, la perdita di controllo e il pericolo (25,6%). Il debutto alcolico arriva in età sempre più precoce: oltre il 50 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni ha bevuto il primo bicchiere tra gli 11 e i 14 anni. In particolare, tra i 15 e i 19enni la percentuale di chi beve qualche volta sale al 65 per cento e solo due su dieci sono astemi. Un terzo degli intervistati ha giocato con gli amici a chi beve di più (33,1%) e una identica percentuale rivela di aver visto un amico o un conoscente riprendersi o farsi riprendere in video mentre beveva.
La birra è in cima ai desideri dei giovanissimi, seguono il vino, poi gli shottini e i superalcolici. Il consumo è sempre più extracasalingo, indipendente dal pasto e legato a momenti di divertimento e allo sballo: il 28,6 per cento beve al pub, il 21,4 in discoteca, solo due su dieci bevono a tavola. Insomma, il drink alcolico è considerato una sorta di «rito di passaggio sociale» che caratterizza la fine dell’infanzia. E il tradizionale divario tra i due sessi risulta oggi assai più contenuto rispetto al passato. L’indagine fa emergere poi un aspetto sconcertante: oltre la metà dei minori ha acquistato alcolici (54,4%) nonostante la legge italiana lo vieti e obblighi il venditore a chiedere un documento d’identità. Di questi, oltre un quinto dichiara che non gli è stato mai chiesto il documento al momento dell’acquisto (21,7%).
I medici sostengono che il consumo eccessivo di alcol non appartiene a nessuna particolare tipologia di paziente ma attraversa l’intera società. Quattro specialisti su dieci ritengono infatti che gli alcolisti non possono essere categorizzati (39,4%), mentre per tre su dieci si tratta di persone depresse o in difficoltà (31,8%), secondo il 23,5 per cento sono invece soggetti socialmente inseriti e solo il 5,3 per cento li identifica come persone sbandate. In generale, emerge una scarsissima correlazione tra emarginazione sociale e alcolismo e, anzi, per oltre sette medici su dieci, le motivazioni di chi ha dipendenza da alcol non sono legate a problemi o disagi, ma piuttosto ad una ricerca di divertimento e di sballo. Un approccio culturale a cui contribuirebbero in modo determinante i media con i messaggi che veicolano.
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