Cinque anni tra le dichiarazioni dei redditi. Spulciando tra scaglioni, fasce contributive, aliquote, conti, esborsi. Cinque anni che forniscono una radiografia dettagliata di quanto l’Irpef con le sue addizionali locali ricada sulle famiglie delle province, dei borghi e delle cittadine del Lazio. Torna indietro fino al 2013 ‘Le imposte sui redditi delle famiglie nelle province del Lazio‘, il dossier realizzato dalla Uil del Lazio e dall’Istituto di ricerca Eures. Uno studio che documenta il costante aumento del tributo sul territorio regionale e come l’imposta finisca per pesare di più sulle spalle di chi percepisce redditi bassi.
Negli ultimi cinque anni il numero complessivo dei dichiaranti laziali è aumentato dell’1,1 per cento, ma i contribuenti sono diminuiti di 1,2 punti percentuali. Da un lato crescono le persone che si collocano nella no tax area, dall’altro i contribuenti tenuti al versamento pagano mediamente di più a seguito delle maggiorazioni. E proprio qui il dossier evidenzia qualcosa di simile a un cortocircuito. «I dati disponibili fino al 2017 – spiegano la Uil e l’Eures – evidenziano come l’applicazione di aliquote poco progressive in termini di addizionale regionale abbiano inciso in misura maggiore sui redditi bassi, evidenziando invece un’incidenza minore tra i contribuenti mediamente più ricchi».
Non a caso, nelle fasce contributive di chi è meno facoltoso gli incrementi sono stati di quattro punti percentuali in più tra il primo e il secondo scaglione e di 11 punti tra il secondo e il terzo, mentre sono stati esigui in corrispondenza dei redditi più elevati: tre punti in più tra il terzo e il quarto scaglione e 2 punti in più tra il quarto e il quinto. La prova del nove è il confronto con le aliquote medie: i dati mostrano come l’aumento più significativo si rilevi quando il reddito dichiarato dai contribuenti va da 28 mila a 55 mila euro e la relativa aliquota media registra un incremento di 6,5 punti percentuali, passando dal 24,9 per cento al 31,3 per cento. «Ciò significa che anche se la Capitale detiene il primato in termini di ammontare dell’addizionale regionale e dunque di imponibile – spiega L’Eures – scivola in ultima posizione in termini relativi, registrando l’imposta regionale un’incidenza del 10,3 per cento del totale dell’Irpef versata nel 2017. Al contrario, in Ciociaria, dove l’imponibile medio (e quindi l’ammontare dell’addizionale) registra il valore minimo regionale, l’incidenza dell’addizionale sul totale dell’imposta arriva all’11,3 per cento».
Altri dati. Dalle dichiarazioni relative ai redditi del 2016 si ricava la classifica delle città più tartassate: escludendo Roma, al primo posto si posiziona Latina con 1,1 miliardi di euro (922 milioni di Irpef nazionale e 154 milioni di maggiorazioni locali), segue Frosinone con 874 milioni di euro (748 milioni l’imposta nazionale e 126 le addizionali), viene poi Viterbo con 669 milioni di euro (rispettivamente 578 e 91 milioni), chiude infine Rieti con un gettito complessivo di 334 milioni di euro (287 milioni e 47 milioni).
Spostando lo sguardo agli altri Comuni si scopre che i versamenti più significativi di Irpef provengono dai territori dell’hinterland della Capitale: prima è Formello con un importo medio di oltre 8mila euro, segue Grottaferrata con 7mila e 900 euro, e poi Roma con un importo medio di oltre settemila euro. Sul fronte opposto, i Comuni con i versamenti medi più bassi sono Acquafondata, in provincia di Frosinone (2mila e 200 euro) e a Marcetelli in provincia di Rieti (2400 euro). Un passo indietro. Il gettito complessivo dell’addizionale regionale versato nel 2017 dai contribuenti del Lazio raggiunge quasi due miliardi, 1,8 per la precisione, ovvero il 14,7 per cento del totale del gettito nazionale, che è di circa 12 miliardi. In termini medi significa che la quota di ciascun contribuente laziale è stata di 636 euro, circa duecento euro in più della media nazionale, che si attesta a 411 euro. Mentre il gettito prodotto dall’addizionale Irpef comunale raggiunge i 621 milioni di euro, pari a circa il 13 per cento del totale del gettito nazionale.
Nel quinquennio monitorato dalla Uil e dall’Eures l’incremento è stato del 2,8 per cento. Le crescite più significative nelle province si sono registrate a Latina (più 23,6 per cento) e Viterbo (più 19 per cento), seguono Rieti con un più 7,7 per cento e Frosinone con un più 7,3 per cento. «In questi anni di ricerca – conclude l’Istituto – abbiamo registrato un incremento medio per contribuente pari al 12,7 per cento». Ma l’imposta sui redditi delle persone fisiche – al primo posto tra le fonti delle entrate tributarie – con la sua addizionale regionale e comunale busserà anche il prossimo anno alle porte dei pensionati e dei lavoratori dipendenti del Lazio. Sono loro – secondo stime attendibili – a sborsare l’ottanta per cento del gettito complessivo, mentre il rimanente è versato da lavoratori autonomi e contribuenti con reddito di impresa.
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