Lavorare, sì. Ma a che prezzo? Ma ritrovarsi a vivere sotto la soglia di povertà. Essere praticamente lavoratori poveri. E quindi arrivare a fine mese con estrema difficoltà. E’ una sfortuna che nel nostro paese colpisce il 12,2 per cento di lavoratori e lavoratrici. A certificarlo è la Commissione europea – attraverso una ricerca condotta da Eurostat.
I dati del 2017 non lasciano dubbi: l’Italia è al quarto posto per lavoratori poveri. Sul podio c’è la Romania con il 17, 4 per cento di occupati poveri, segue la Spagna col 13,1 per cento, al terzo posto la Grecia, con una quota pari al 12, 9 per cento. Si sta meglio in Germania, Francia e Regno Unito, dove la percentuale si ferma al dieci per cento, anche se per questi tre paesi i dati sono aggiornati al 2016.
Quel che emerge dai di Bruxelles – e crea inquietudine, gettando ombre inquietanti per il futuro – è che il nostro Paese rispetto agli altri è l’unico a caratterizzarsi per avere una percentuale costantemente in crescita da anni: nel 2016 eravamo all’11,7 per cento. Nel 2008 la quota di lavoratori poveri era al 9 per cento. Stipendi bassi, contratti con poche ore, operai, impiegati nei call center: non è vero che dalle crisi economiche si esce tutti più poveri. Non è così, se poi esiste una categoria di lavoratori e lavoratrici – soprattutto giovani ma non solo – con stipendi così bassi da sfiorare la povertà. Che per Eurostat poi significa percepire «un reddito equivalente al di sotto della soglia del rischio di povertà, fissata al 60 per cento del reddito disponibile equivalente medio nazionale».
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