In tema di dispersione scolastica siamo al top. Nessuno ci batte. In venti anni più di tre milioni di studenti italiani su undici si sono persi per strada. Se li mettessimo in fila, la linea attraverserebbe tutto il paese da nord a sud. Secondo il dossier di «Tuttoscuola», il tasso di abbandono più elevato si registra in Sardegna (33 per cento), segue la Campania (29,2 per cento), ma complessivamente il nord ovest ha la stessa dispersione del sud Italia (25 per cento).
In Giappone, Norvegia e Corea il tasso di dispersione a 18 anni è praticamente zero. In Thailandia, Russia, Kazakistan si viaggia sotto il 5 per cento. Canada, Australia, Israele e Singapore sotto il 10 per cento. Nel dossier «La scuola colabrodo», Tuttoscuola, ha calcolato che dei 590mila adolescenti che frequentano le scuole superiori almeno 130mila non arriveranno al diploma. Vivono nel profondo sud, ma anche nelle aree più industrializzate del Nord. E, interrotta la scuola, meno di uno su tre troverà lavoro, con i costi sociali che ne deriveranno. Dal 1995 al 2013-14, in cui è iniziato il ciclo scolastico che si è concluso quest’anno, e quindi negli ultimi 19 cicli delle superiori, 3 milioni e mezzo di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il corso di studi. Rappresentano il 30,6 per cento degli oltre 11 milioni di studenti (11.430.218) che si erano iscritti in questo arco di tempo alle scuole superiori statali.
Il costo del fallimento formativo delle nostre istituzioni scolastiche è a dir poco spaventoso: dal 1995 a oggi la dispersione scolastica ci è costata oltre 55 miliardi. E l’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università, uno su due non ce la fa. Complessivamente su cento iscritti alle superiori solo diciotto si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero. Mentre il 38 per cento dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al percorso di studi. Eppure l’istruzione fa bene e conviene: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi doppia rispetto a chi è arrivato al diploma e quasi il quadruplo di chi è laureato; l’istruzione incide sulla salute, riducendo i costi per la sanità. Non solo. Comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza. Insomma, prevenire la dispersione scolastica avrebbe costi molto più bassi di quelli che derivano dalla necessità di gestirne le conseguenze sociali.
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