Siamo bulimici di suolo. Lo stiamo divorando. Lo stiamo consumando a ritmi eccessivi. Ogni due ore in Italia una superficie pari a Piazza Navona viene consegnata al cemento o all’asfalto. Un consumo di suolo che nell’ultimo anno ha raggiunto i cinquantadue chilometri quadrati, praticamente due metri quadrati al secondo. Il rapporto sul ‘Consumo di suolo in Italia 2018’, realizzato dall’Ispra e dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, fotografano una realtà allarmante con un Paese che mangia terreno e superficie verde senza sosta divorando coste, laghi, fiumi e aree protette.
I dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale non lasciano dubbi: sì, siamo bulimici di suolo. Non a caso quasi un quarto (il 24,61 per cento) del nuovo consumo netto tra il 2016 e il 2017 è avvento in aree soggette a vincoli paesaggistici. Di questo, il 64 per cento si deve alla presenza di cantieri e ad altre aree in terra battuta destinate, in gran parte, alla realizzazione di nuove infrastrutture, fabbricati (non necessariamente abusivi) o altre coperture permanenti nel corso dei prossimi anni. I nuovi edifici, già evidenti nel 2017, soprattutto nel nord Italia, rappresentano il 13,2 per cento del territorio vincolato perso nell’ultimo anno». E pensare che il sei per cento di queste trasformazioni ricade in aree a rischio frana. Sotto attacco anche le aree protette. La maglia nera delle trasformazioni va al Parco nazionale dei Monti Sibillini, con oltre 24 ettari di territorio consumato, seguito da quello del Gran Sasso e Monti della Laga, con altri 24 ettari di territorio impermeabilizzati, in gran parte dovuti a costruzioni e opere successive ai fenomeni sismici. I Parchi nazionali del Vesuvio, dell’Arcipelago di La Maddalena e del Circeo sono le aree tutelate con le maggiori percentuali di suolo divorato.
Al centro e nel nord Italia si concentrano le province con l’incremento più elevato. Sissa Trecasali (Parma), con una crescita che supera i 74 ettari, è il comune che ha costruito di più, anche a causa della realizzazione della nuova Tirreno Brennero. Lo scorso anno, in 15 regioni è stata superata la soglia del 5 per cento di consumo di suolo, con il valore percentuale più elevato in Lombardia (12,99%), in Veneto (12,35%) e in Campania (10,36%). Seguono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compresi tra l’8 e il 10 per cento. Solo la Valle d’Aosta è rimasta sotto la soglia del 3 per cento. Scendendo ai Comuni, i maggiori valori di superficie consumata si trovano a Roma (31.697 ettari), con una crescita di ulteriori 36 ettari nel 2017 (lo 0,11% in più) e in molti comuni capoluoghi di provincia tra i quali Milano (10.439 ettari, 19 in più nel 2017), Napoli (7.423, +6,6), Venezia (7.216, +37,4). «Questa malattia che affligge il Belpaese – dice Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia – non solo si può ma si deve curare riprendendo innanzitutto il percorso del disegno di legge approvato nel 2016 dalla Camera e fermo al Senato sul Contenimento del consumo del suolo e riuso di quello edificato».
Esitare ancora sarebbe un errore. Perchè tutto questo ha un costo. L’Ispra stima in circa un miliardo di euro i danni immediati, quelli dovuti dalla perdita della capacità di stoccaggio del carbonio e di produzione agricola. Cifra destinata a salire a due miliardi considerando il danno all’ecosistema. Di questo passo nel 2050 arriveremo a divorare più di 1600 chilometri quadrati di terreno. Sì, siamo bulimici di suolo.
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