Sono 65mila i medici e gli operatori sanitari stranieri che lavorano nelle strutture sanitarie italiane. E’ un piccolo esercito che si laurea nelle università italiane, in particolare alla Sapienza di Roma e che coltiva il filo dell’integrazione. Nel dettaglio i medici sono 18.500, gli infermieri 38mila, i farmacisti 3.500, i fisioterapisti 4mila e mille gli psicologi.
«Il censimento – reso noto ieri l’altro nel corso del convegno organizzati dall’Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia) – dice anche altro. «Negli ultimi quattro anni si registra un aumento del 20 per cento di ritorni di questi professionisti nei loro Paesi di origine (specie Libano, Giordania, Romania, Albania, Africa e Sudamerica), per motivi economici o familiari – spiega il Professor Foad Aodi, Fondatore di Amsi ed Umem (Unione medica euromediterranea) e consigliere dell’Omceo di Roma». «Registriamo anche un aumento del 30 per cento delle richieste di professionisti italiani della sanità che chiedono di svolgere degli stage o di lavorare all’estero. I medici non conoscono frontiere – ha spiegato il vice presidente della Omceo di Roma e provincia Pierluigi Bartoletti presente ai lavori del convegno a cui l’Ordine ha dato il patrocinio – e l’Amsi ne è la prova, il lavoro dell’associazione è prezioso per mantenere intatto il percorso dell’integrazione e conferma la validità del sistema formativo italiano, uno dei migliori al mondo».
Lo dimostrano le richieste in aumento di medici italiani e di origine straniera da parte dei Paesi europei (Inghilterra, Scozia, Belgio, Olanda), mediterranei e arabi (Arabia Saudita, Qatar, Siria, Libia, Iraq, Sudan e Somalia), insieme con le nazioni africane e sudamericane (Congo, Nigeria, Senegal, Ecuador). Si registra però una diminuzione di arrivi di studenti di medicina, a causa del numero chiuso per l’accesso al corso di laurea. «Ribadiamo, come proposto nel nostro progetto #BuonaSanità, cui hanno aderito centinaia di Associazioni – conclude Foad Aodi – l’indispensabilità di una vera, innovativa legge europea sull’immigrazione, capace di coinvolgere tutti i Paesi della Ue come si sta discutendo. Basata su un’immigrazione programmata, sul rispetto di diritti e doveri reciproci: promuovendo la cooperazione internazionale, la creazione di nuove strutture sanitarie e di nuovi servizi sociosanitari sia ai confini Ue che nei nostri Paesi di origine. Vogliamo costruire ponti di dialogo, non muri di chiusura, come stanno facendo alcuni Paesi europei».
0 commenti
Trackback/Pingback