La famiglia tipo italiana lo scorso anno ha speso 2.564 euro al mese, vale a dire l’1,6 per cento in più rispetto al 2016 e un più 3,8 per cento nei confronti del 2013, anno in cui l’esborso dei nuclei familiari del nostro Paese ha toccato il minimo. Lo rende noto l’Istat, specificando che nel conteggio viene calcolato anche l’affitto figurativo, ovvero quanto le famiglie dovrebbero pagare per prendere in affitto una casa con le stesse caratteristiche di quella in cui vivono e di cui sono proprietari. Senza questa voce, la spesa media scenderebbe a 1.977 euro.
Il livello medio della spesa alimentare è stimato a 457 euro mensili (+2,0 per cento rispetto ai 448 euro del 2016). Quella per carni resta la componente alimentare più importante, attestandosi a 94 euro mensili. Le spese per vegetali aumentano del 4,2 per cento, quelle per frutta del 3,8, salendo rispettivamente a 63 euro e a 43 euro mensili. Per beni e servizi non alimentari si spendono 2.107 euro al mese. La voce di spesa più elevata è quella per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, pari a 898 euro mensili (il 35 per cento del totale), seguita da quella per trasporti (290 euro, l’11,3 per cento). Crescono le spese per servizi sanitari e salute (+8,0%), per trasporti (+7,1%) e per le comunicazioni (+2,5%).
Molte le differenze sul territorio, legate ai livelli di reddito, ai prezzi e ai comportamenti di spesa. Il divario tra il valore più elevato del nord-ovest (2.875 euro) e quello più basso delle isole (1.983 euro) è sostanzialmente stabile e pari a poco meno di 900 euro, il 45,0 per cento in più in termini relativi. Nei comuni centro di area metropolitana si spendono mediamente 2.829 euro, 206 euro in più rispetto ai comuni periferici delle aree metropolitane e a quelli con almeno 50mila abitanti, e 375 euro in più rispetto agli altri comuni fino a 50mila abitanti. Sono tuttavia i secondi a registrare la maggiore crescita (+4,0 per cento). Ma c’è altro. Rispetto al 2016, durante lo scorso anno l’Istat ha stimato un aumento della diseguaglianza nella distribuzione delle spese. La spesa media mensile del decimo di famiglie che spende meno è diminuita del 5,0% (-2,0% rispetto al 2013) mentre quella del decimo che spende di più è aumentata del 4,3% (+13,0% rispetto al 2013). Il rapporto tra la spesa complessiva del 20% di famiglie che spende di più e quella del 20% di famiglie che spende meno è salito a 5,2 da 5,0 nel 2016 (era 4,8 nel 2013).
La spesa media mensile delle famiglie con persona di riferimento laureata aumenta del 3,6% e arriva a 3.679 euro, il 29,3% in più di quelle con persona di riferimento diplomata (2.846 euro) e oltre il doppio di quelle la cui persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare (1.699 euro). Tra le famiglie di occupati indipendenti, la spesa media mensile è di 4.030 euro per imprenditori e liberi professionisti (+12,4% sul 2016) e di 2.792 euro per gli altri lavoratori indipendenti. Tra quelle dei lavoratori dipendenti è 3.278 euro se dirigenti, quadri o impiegati (+3,6%), e 2.347 euro se operai e assimilati (+5,2%). Le famiglie di soli stranieri spendono in media 945 euro in meno (nel 2016 la differenza era di circa 1.000 euro) rispetto alle famiglie di soli italiani (1.679 contro 2.624). Il 50% della spesa delle famiglie di soli stranieri è destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche e ad abitazione, acqua, elettricità, gas e combustibili (al netto degli affitti figurativi), rispetto al 29% stimato per le famiglie di soli italiani.
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