«Più di mille reclusi rispetto alla capienza degli istituti penitenziari. Un tasso di sovraffollamento del 121 per cento, superiore al dato nazionale che si attesta invece al 115 per cento». Sono alcuni dei dati presentati da Stefano Anastasia – Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà della Regione Lazio – durante la relazione presentata nell’aula del consiglio regionale della Pisana. «Al 29 aprile si registrano 6.346 detenuti per una capienza degli istituti di pena di 5.257 persone – ha detto il garante – Il Lazio ha un tasso di sovraffollamento che deve farci riflettere». A differenza degli anni passati, quando a seguito della condanna della Corte europea dei diritti umani, la popolazione detenuta era diminuita, adesso sta nuovamente aumentando. E sotto questo aspetto l’istituto penitenziario di Latina ha un triste primato: qui si registra infatti con un tasso di sovraffollamento che sfiora il 150 per cento, il più alto nella regione.
Cosa fare? Il garante ha le idee chiare. «Occorrono – ha spiegato Anastasia – misure che incentivino le alternative, sia in fase cautelare, quindi evitando il ricorso al carcere in attesa del processo quando non sia necessario, sia nel percorso di reinserimento sociale, perché noi sappiamo che tanti detenuti che sono definitivi negli istituti penitenziari, lo sono per piccole pene e quindi potrebbero accedere all’alternativa. Insomma, c’è un grande ruolo anche degli enti territoriali, della Regione, degli enti locali, che devono poter sostenere i percorsi di reinserimento attraverso politiche abitative, sociali, politiche che consentano effettivamente a queste persone di uscire più rapidamente possibile dalle istituzioni penitenziarie». «Nel Lazio siamo sopra la media nazionale anche per quanto riguarda i detenuti stranieri – ha aggiunto Anastasia – con alcuni istituti tra cui Regina Coeli, Civitavecchia, Viterbo e Rieti che hanno più del 50 per cento rispetto alla capienza prevista». Diminuiscono invece sia gli ingressi negli istituti minorili sia i collocamenti in comunità. Mentre il 63 per cento dei ristretti è stato condannato in via definitiva, il 15 per cento è in attesa di giudizio, il 22 per cento è in via non definitiva.
Uno sguardo al Centro di permanenza di Ponte Galeria. «Questo centro di ha ambienti di pernottamento e di vita indecorosi – ha ricordato il Garante – privi di qualunque suppellettile e di strumenti di vita dignitosa. Chiediamo al ministro dell’Interno un intervento rapido. In quelle condizioni non può proseguire la sua attività, dovrebbe essere ristrutturato e gli spazi adeguati alla vita civile. Adesso sono dei grandi cameroni privi di tutto da cui si accede a cortili dove non c’è niente, nemmeno un albero, e ci sono tra le 40 e le 60 donne che vivono così la loro giornata. È una cosa inaccettabile».
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