Diminuisce il numero dei cassa integrati nella nostra regione, ma aumentano le richieste di disoccupazione. Questo quanto emerge dai dati elaborati dalla Uil di Roma e del Lazio sulla base di uno studio nazionale realizzato dall’ufficio politiche territoriali della Uil. A dicembre 2017 infatti erano 13.908 i lavoratori in cassa integrazione nel Lazio, il 52% in meno rispetto all’anno precedente (26.765 unità). Contemporaneamente aumenta in tutto il Paese la richiesta di accesso al Fis, il Fondo di integrazione salariale di gestione dell’Inps operativo dal 1 gennaio 2016 che eroga strumenti di sostegno al reddito in settori non coperti dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Una richiesta che a livello nazionale ha superato già le 100 mila domande.
Dati che non possono essere letti separatamente e che fanno pensare che la diminuzione della cassa integrazione non sia una notizia positiva. Soprattutto se si considera che sono aumentate le domande di disoccupazione pervenute nel periodo gennaio-novembre dello scorso anno, a fronte di una diminuzione che aveva caratterizzato il triennio precedente. Esaminando i dati nel dettaglio emerge che a scendere è soprattutto la cassa straordinaria che nel Lazio passa da circa 43 milioni di ore a dicembre 2016 a circa 18 milioni alla fine del 2017, mentre continua a salire la cassa integrazione ordinaria che si è attestata lo scorso mese a 6,5 milioni di ore contro i 5,9 del 2016. Il confronto è ancora più evidente nella Capitale dove, nonostante la diminuzione del 38,6% delle ore totali di cig, la cassa ordinaria è aumentata del 62,8%, a fronte di una diminuzione rispettivamente del 44% e del 60% della cassa straordinaria e di quella in deroga. L’incremento della cassa ordinaria attesta nuove situazioni di criticità, così come l’aumento delle domande di disoccupazione fa pensare che i lavoratori non più coperti dagli ammortizzatori sociali che, tra l’altro hanno oggi un maggior costo per le imprese e minore durata, siano finiti ad incrementare le fila dei licenziati o dei contrattualizzati a ore o a giornate lavorative. Dato questo che si concilierebbe con l’aumento dell’occupazione emerso dagli ultimi dati Istat.
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