Fondi europei, quanta fatica in Italia per impiegarli

Dic 14, 2017

Una montagna di soldi ancora da spendere. Il nostro paese rischia di perdere 70miliardi di euro
di Francesca Lici

I fondi europei? Quanta fatica nel nostro Paese per utilizzarli. Quanta fatica per trasformare una risorsa in un progetto. Sembra impossibile ma è così. L’Italia è infatti sestultima nell’Unione per utilizzo di questa risorsa. Con una quota del 37 per cento il nostro Paese – che è in seconda posizione come beneficiario di fondi – si colloca però al ventitreesimo posto tra i ventotto stati membri per tasso d’impegno dei finanziamenti in progetti già selezionati. Peggio di noi soltanto Slovacchia, Croazia, Cipro, Romania e Spagna. Meglio dell’Italia fa la Polonia.

I dati – aggiornati a fine ottobre e resi noti in occasione della pubblicazione dalla prima relazione della Commissione Ue sull’uso dei 5 fondi strutturali europei (Fondo agricolo per lo sviluppo rurale, per la coesione, per lo sviluppo regionale, per la pesca e fondo sociale) – evidenziano un ritardo italiano che visto il periodo di vacche magre appare ingiustificabile. Strutturati per cicli di sette anni – l’ultimo iniziato nel 2014 si concluderà nel 2020 – l’Italia può contare su 73,67 miliardi (42,67 provenienti dal bilancio Ue), il 37 per cento dei fondi impegnati equivalgono a 27,103 miliardi di euro, ma solo 2,45 miliardi di questi (il 3 per cento del totale) sono già stati spesi.

La relazione di Bruxelles mostra anche che a tre anni dall’inizio dell’attuale periodo di programmazione (dicembre 2016) che nel bilancio Ue vale 454 miliardi (638 aggiungendo il contributo degli Stati membri), sono stati selezionati circa 2 milioni di progetti, sono state supportate 793.490 imprese, 7,8 milioni di persone sono state aiutate a trovare un impiego o a intraprendere percorsi di formazione, e il 20 per cento del totale della superficie coltivabile europea è stata oggetto di politiche a favore del clima, dell’ambiente e della biodiversità. Dal documento emerge anche una vistosa accelerazione nell’ultimo anno sia dal punto di vista della selezione dei progetti (a fine 2016 era al 28,4 per cento) sia da quello dei pagamenti dell’Ue agli Stati membri, che è passato dal 9 al 13 per cento.

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