Parità di genere. O pari opportunità? In Italia sono ancora un miraggio. Almeno stando all’ultimo rapporto del Global gender gap. Secondo lo studio del World economic forum, il divario di genere fra uomini e donne in opportunità, status, rappresentanza politica è in allarmante crescita. Non a caso il nostro paese quest’anno perde 32 posizioni crollando all’ottantaduesimo posto su un totale di 144 presi in esame.
Che qualcosa non adasse per il verso giusto era chiaro anche lo scorso anno, quando eravamo già scivolati al cinquantesimo posto dal quarantunesimo del 2015. Un arretramento che sa tanto di ritorno al passato. Sui salari lo scenario è plumbeo: il 61,5 per cento delle donne non viene pagato per niente o non adeguatamente, contro il 22,9 per cento degli uomini. Non solo. Ogni giorno una donna lavora 512 minuti contro i 453 di un suo collega uomo. E poi: nel Parlamento le donne sono il 31 per cento, nei ministeri il 27,8. Siamo al novantesimo posto per partecipazione alla forza lavoro e al 103esimo per salario percepito. Sul fronte dell’istruzione, il salto all’indietro va dal 27esimo posto del 2006 al 60esimo attuale. Tra i laureati, le donne sono la maggior parte degli studenti di facoltà di arti e di insegnamento, ma anche in medicina e nel welfare in generale. Mentre l’attesa di vita in salute per le donne è calata a 73,7 anni dai 74 anni del 2016 e per gli uomini è salita a 71,8 anni da 71.
Globalmente il divario di genere – fa sapere il Wef – è al 68 per cento e si è comunque allargato. Con questi ritmi, ci vorranno 100 anni per colmarlo rispetto agli 83 stimati lo scorso anno: si tratta di una stima globale, come media tra i 61 anni dell’Europa occidentale e i 168 anni nel Nord America. Eppure, se si riuscisse a colmare, la parità di genere il Pil del mondo aumenterebbe di 5,3 miliardi di dollari.
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