Investimenti immediati sulla rete, ampliamento della condotta del Peschiera, ripristino dei centri operativi e manutenzione del manto stradale. Queste in sintesi le possibili soluzioni individuate dalla Uil di Roma e del Lazio per risolvere definitivamente il problema della carenza d’acqua nella Capitale, dopo le continue emergenze degli ultimi tempi. «Sarebbe stato impossibile far rimanere un milione e mezzo di romani senz’acqua, come Acea aveva preannunciato in un primo momento – fa sapere la Uil di Roma e del Lazio – perché questo avrebbe significato il 50% dei residenti quando, a detta della stessa azienda, Bracciano copre soltanto l’8% del fabbisogno cittadino. Inoltre, ci hanno spiegato i tecnici, sospendere completamente la distribuzione provocherebbe bolle d’aria e sporcizia all’interno delle condutture e quindi danni più ingenti da dover affrontare successivamente. Sarebbe auspicabile invece un investimento sulla condotta del Peschiera, dove non ci sono problemi di approvvigionamento né necessità di depuratori e potabilizzatori, come avviene nel caso di captazioni da acque lacustri. Oltre che un serio intervento sulla rete capitolina ridotta a un colabrodo, soprattutto nei quartieri storici dove la vetustà delle tubature è ovviamente maggiore e dove la chiusura dei nasoni non migliora di certo la situazione».
Una rete quella storica di Roma e Fiumicino che si snoda per 7 mila km ed eroga a 2,9 milioni di abitanti 264 milioni di metri cubi di acqua. Di questa il 45% si disperde a causa di infiltrazioni ma soprattutto a causa dell’usura dei punti che fanno da cerniera tra le tubature. Punti in cui, spiegano gli stessi tecnici, più che altrove lo sbalzo di pressione può provocare fratture, causate anche dalla necessità di deviazione dell’acqua in quel punto. Originariamente nasoni e fontanelle pubbliche nacquero proprio come punti di sfiato della rete per far defluire la pressione e permettere alle condutture di sopportare meglio gli sbalzi. La dispersione è indirettamente collegata anche alla cattiva manutenzione del manto stradale. Non è un caso, infatti, che sia maggiore nelle zone ad alta viabilità: se una strada non coibentata viene percorsa quotidianamente da centinaia di pullman e autobus, è più facile che, alla fine, le condutture sottostanti ne risentano. E lo sanno bene gli abitanti di via Cola di Rienzo dove è stato necessario un intervento straordinario per riparare la frattura di un’intera camera sotterranea. Ma anche i residenti dell’Eur e dell’intero quadrante sud est che, pur non dovendo fare i conti con particolari danni alle condutture, rimangono spesso senza acqua potabile all’ora di cena, quando si crea un calo di pressione che non permette all’acqua di raggiungere i piani più alti.
Il 45% di dispersione idrica fa di Roma la seconda città italiana per perdita d’acqua (peggio solo Bari 51%). E’ come se dai 9 mila litri al secondo provenienti dalla sorgente del Peschiera, si sottraesse quotidianamente tre volte la quantità d’acqua captata dal lago di Bracciano. «Sorgente del Peschiera che rappresenta la fonte di approvvigionamento primaria per la Capitale – continua il sindacato – e che potrebbe tranquillamente rappresentare anche l’unica fonte vista l’enorme quantità d’acqua presente, impossibile da convogliare completamente nella condotta esistente. Si è preferito, invece, investire in digitalizzazione con l’istallazione ad esempio del sistema Sap che da solo è costato 50 milioni di euro (cui si aggiunge il costo del canone) e sulla campagna comunicativa cosiddetta dei pinguini ideata da John Kotter al costo di 45 mila euro al mese. Una campagna talmente orientata al cambiamento radicale da aver tolto anche ciò che di positivo esisteva, come i centri operativi, in auge fino a tre, quattro anni fa». Si trattava di centri suddivisi per zone di competenza dove i vari operatori conoscevano perfettamente non solo la distribuzione della rete idrica ma anche i problemi più frequenti. Adesso i centri operativi sono stati smantellati e tutto è stato accorpato in una centrale che di volta in volta deve smistare le chiamate e le relativi emergenze, inviando sul posto tecnici che spesso non conoscono il luogo e la diramazione delle condutture, con tutte le conseguenze del caso Prima tra tutti una minor tempestività di intervento e un’azione che continua a svolgersi soltanto in emergenza, come in questi ultimi giorni. Emergenza nella Capitale, nelle zone limitrofe, ma emergenza anche per Bracciano, le cui acque fino a circa venti anni fa servivano esclusivamente per l’irrigazione dei giardini vaticani. Fino ad arrivare oggi a una captazione da parte di Acea di 1.200 litri al secondo e con conseguente riduzione del lago di un metro e 22 centimetri sotto lo zero idrometrico, e danni sia idrogeologici, sia ambientali, sia turistici. Oltre che impossibilità di riproduzione per molte specie lacustri e l’emergere di reperti archeologici che l’acqua aveva finora tutelato. A tutto questo si aggiunge, nell’ultimo quinquennio, una forte diminuzione dei volumi erogati per abitante e, contemporaneamente, un incremento del 37% della spesa per ogni famiglia. Di contro, nello stesso periodo, l’incremento per gli investimenti sulla rete storica è stato pari al 3% e a livello regionale, nulla è stato fatto sul recupero delle acque di depurazione.
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