Operazione antidroga della polizia a Messina: 21 arrestati, di cui sei ai domiciliari, e un 22esimo indagato al momento ancora latitante. Per quest’ultimo è stato disposto il carcere. L’operazione ha visto impegnati oltre cento agenti. Droga e armi i reati contestati a vario titolo. Le indagini, condotte dalla squadra mobile e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, hanno fatto luce su una «banda armata e perfettamente organizzata – dicono gli investigatori – per rifornire di droga i consumatori dei quartieri cittadini Gazzi e Mangialupi». L’inchiesta ha mosso i primi passi a fine 2018 da alcune rivelazioni su una centrale di spaccio attiva nel rione Gazzi.
Due le cellule criminali attive: una più ristretta, operante in Calabria e impegnata a rifornire l’altra, più articolata e capillare, che immetteva sul mercato della città metropolitana di Messina, e in alcune località della provincia, rilevanti partite di cocaina. Secondo l’ipotesi di accusa, l’organizzazione messinese era composta da più di 10 persone appartenenti a due nuclei familiari, fra loro legati, cui facevano poi riferimento numerosi altri soggetti impegnati nello spaccio al minuto di droga, soprattutto a Gazzi e Mangialupi.
L’operazione antidroga ha fatto emergere un traffico illecito curato in ogni dettaglio: la sostanza veniva nascosta in luoghi di custodia esterni alle abitazioni (tombini, canalette di scolo, auto abbandonate, anfratti dei muri) e le donne fungevano sovente da vedette a tutela dei pusher. Questi si alternavano secondo un modello organizzativo ben collaudato. L’attività di spaccio non conosceva pause: gli acquirenti si avvicinavano ai pusher a ogni ora del giorno e della notte – tanto da poter documentare, nell’arco dei cinque mesi di sorveglianza – più di tremila cessioni per un giro d’affari quantificato in circa 50mila euro. La continuità dei rifornimenti era assicurata da alcuni calabresi – anche loro finiti nelle maglie degli investigatori – che gestivano i contatti con i vertici del gruppo dei messinesi attraverso cellulari dedicati che garantivano un elevato livello di riservatezza delle comunicazioni. Numerosi sono stati i casi in cui gli investigatori dell’antidroga sono intervenuti in flagranza per intercettare la droga, mentre in altre occasioni sono state scoperte e sequestrate armi e munizioni ben conservate e perfettamente funzionanti, nella disponibilità del gruppo.
0 commenti