Siamo più impulsivi on line che di persona

Feb 18, 2022

Dall'indagine Trustpilot per il 35 per cento degli intervistati la responsabilità è dei social media
di Redazione

impulsiviImpulsivi. O leoni da tastiera? Quasi tre italiani su quattro non perdonano abbastanza, incentivando anche in modo inconsapevole il cosiddetto odio sociale. Tra le ragioni più gettonate, una fetta importante della responsabilità è legata al mondo degli hater e dei canali online, attraverso i quali ci si maschera più facilmente dietro ad una tastiera arrivando a scrivere cose che nella vita reale non si direbbero. E’ quanto emerge da uno studio targato di Trustpilot – che ha coinvolto un campione di 12mila adulti dai 18 anni in su tra Italia, Uk, Stati uniti, Australia, Paesi Bassi e Francia. Per il 39% del campione preso in esame, i limitati contatti faccia a faccia degli ultimi due anni e l’aumento della comunicazione online hanno favorito un aggravarsi del fenomeno. Per il 35%, invece, la responsabilità è imputabile ai social media. Quasi un terzo del campione ha rivelato di essere più impulsivo quando pubblica messaggi, commenti o recensioni su internet rispetto a quanto farebbe di persona.

Sono soprattutto i più giovani a percepire la responsabilità di internet in questo eccesso di aggressività nelle comunicazioni: tra i ragazzi dai 18 ai 24 anni è il 41% a ritenere che le interazioni online negli ultimi anni abbiano favorito l’odio sociale. Diversamente, sono le fasce di età intermedia a ritenere particolarmente responsabili del fenomeno i social media: tra i 35 ai 44 anni a pensarlo è il 38 per cento. Le fasce più giovani, inoltre, sono quelle che ammettono di essere più supponenti online di quanto sarebbero di persona. Lo afferma il 35% dei ragazzi tra i 18 ed il 24 anni ed il 36% di quelli dai 25 ai 34 anni, nelle fasce di età successiva il dato decresce drasticamente, tanto che dai 55 anni in su è meno del 20% del campione a dirsi più supponente online.

L’indagine è parte della nuova campagna Helping Hands di Trustpilot, che mira a ricordare sia ai consumatori che alle aziende che a volte  – prima di comportarsi con impulsività- è il caso di fermarsi, prendersi un attimo di pausa e incentivare solo conversazioni costruttive, non cercando di ferire ad ogni costo il proprio interlocutore. «Nel mondo di oggi le conversazioni on line si muiovono rapidamente e spesso capita di digitare prima ancora di pensare – commenta Claudio Ciccarelli, Country Manager di Trustpilot in Italia – Quando si tratta di conversazioni online, è essenziale ricordare a tutte le parti in causa di prendersi un momento e rammentare quanto prezioso possa essere il feedback per i nostri interlocutori: oggi più che mai è importante comunicare in modo ponderato».

Altri risultati del focus. In media, gli adulti italiani nutrono attualmente circa 15 risentimenti (più del doppio degli inglesi e dei francesi che ne nutrono in media sette) e il periodo più lungo in cui hanno serbato un rancore è di quasi quattro anni. Come conseguenza diretta, quasi la metà degli intervistati ha perso fiducia nei confronti degli altri e il 47% ha ammesso di aver avuto problemi di salute mentale come
risultato diretto delle faide in corso. In Italia, la causa principale di risentimento è legata ad un tradimento (nel 34% dei casi), seguono l’essere accusati di qualcosa che non si è commesso (33%), essersi fidati di qualcuno che in realtà ha agito alle proprie spalle (33%), essere vittima di qualcuno che si è preso un merito al proprio posto (26%) e prestare a qualcuno soldi o oggetti che non sono mai stati restituiti.
(22%). Nel 21 per cento dei casi, i risentimenti personali sono diretti nei confronti di amici (21%), seguiti a ruota dalle pubbliche istituzioni (19%) e da colleghi di lavoro (17%). Gli ex partner sono solo al quarto posto in questa classifica, seguiti dagli ex migliori amici (15%), dai vicini di casa (14%) o da aziende che hanno deluso nel loro operato (13%).

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