Orti condivisi, ciclabili e bricoteche: benvenuti nella città sobria

Feb 3, 2022

E se invece di rendere più efficienti i consumi, li riducessimo? Ecco come sarebbero le nostre città e le nostre vite, secondo il modello di sobrietà energetica
di Agnese Sciotti
orti condivisi

Foto di Corrado Fierro https://www.corradofierro.it/

Immaginiamo di svegliarci nella città del futuro. Un ragazzo si avvia al lavoro con la sua bici, mentre qualcuno preferisce lavorare da casa o in spazi di coworking. Niente traffico né lunghe code ai semafori, viviamo in «città di prossimità» dove negozi, strutture sanitarie e luoghi culturali sono più vicini alle abitazioni. Gli uffici vuoti sono diventati asili pubblici, le strutture abbandonate sono destinate ad alloggi condivisi. Ci alimentiamo meglio e sprechiamo meno. Abbiamo imparato la cucina del riuso, le tecniche di cottura senza fiamma e facciamo merenda con la frutta dei nostri viali alberati. Da quando l’orario di lavoro è stato ridotto, c’è più tempo da dedicare alle attività sportive, alla cultura e agli hobby. Concerti, festival e mostre valorizzano gli artisti locali e ad ogni angolo ci sono laboratori, orti urbani, officine sociali e sartorie collettive dove impariamo a riparare, costruire e dare nuova vita a vecchi oggetti, condividendo utensili, materiali e idee.

Il traffico aereo, molto inquinante, si è ridotto. Abbiamo più tempo per goderci le vacanze e raggiungere le nostre destinazioni in treno, oppure in bicicletta. Questi scenari sono prototipi di città disegnate da associazioni internazionali sull’idea di «sobrietà energetica». Secondo i sostenitori di questo principio, affinché la società diventi più sostenibile è necessario un cambiamento nelle nostre abitudini, destinato alla riduzione complessiva dei consumi. In genere, i programmi di transizione ecologica affidano un ruolo chiave all’efficienza energetica, sottovalutando l’uso che viene fatto delle risorse, siano esse fossili, nucleari o rinnovabili. Spesso, però, l’energia risparmiata da un sistema più efficiente non genera altro che un aumento di produzione, causando quello che nell’economia dell’ambiente viene definito effetto rimbalzo.

Da qui la necessità di mettere in discussione il modello di consumo, riducendo la domanda di prodotti ed i relativi fabbisogni energetici. I ritmi di consumo della nostra società presuppongono una disponibilità illimitata di risorse. Sebbene questa convinzione sia riconosciuta come erronea, continua ad alimentare la correlazione indissolubile tra benessere, consumo e profitto. Questo genera conseguenze negative sull’ambiente e sulle persone, patologie quali depressioni, burnout, malattie provocate dall’inquinamento e, tra i più giovani, nuove forme di disturbi definiti ecoansia e solastalsgia. Nei nuovi scenari di società sobria, al contrario, le persone hanno più tempo da dedicare alla realizzazione personale e al rafforzamento dei legami sociali, con effetti positivi sulla salute fisica, mentale e sull’ecologia. Secondo le stime dell’ associazione Virage Énergie, la riorganizzazione delle città su questi principi ridurrebbe il consumo dal 28% al 73% entro il 2050, mentre Anne Bringault, del Climate Action Network, stima che la sobrietà potrebbe creare nuovi posti di lavoro, valorizzando le produzioni locali e favorendo lo sviluppo di modelli economici alternativi, in sostituzione di quelli che promuovono l’obsolescenza. Possono sembrare utopistici, eppure questi prototipi di città non sono altro che una raccolta e sistematizzazione di buone pratiche ed organizzazioni messe in atto da tempo.

Le forme di collettivizzazione più diffuse sono quelle in ambito agricolo, abitativo o di trasporto, ma in molte città esistono anche le bricoteche, officine condivise dove costruire e riparare, i cafè couture, ovvero sartorie collettive, e le risorserie, luoghi in cui vengono recuperati e rivenduti oggetti e materiali di cui i proprietari non hanno più bisogno. Ciò che manca per poter avviare la transizione delle nostre città verso la sobrietà energetica, dunque, è un disegno globale, che miri all’integrazione di queste abitudini ad un livello di gestione istituzionale. Numerosi accademici e associazioni si interrogano sulle misure normative che potrebbero mettere in atto le istituzioni pubbliche. «Manca l’equivalente di un codice della strada per il nostro impatto energetico ed ecologico – afferma l’ingegnere Thierry Salomon, di Negawatt». Pagando è possibile accedere ad un uso illimitato dell’energia, a ritmi anche criminosi. Dobbiamo cambiare il paradigma, nel quadro più consensuale possibile, senza pensare più che l’abbondanza sia la regola. Ciò implicherebbe l’introduzione di tassazioni e divieti di tutto ciò che viene considerato spreco. Nella sua relazione, l’Ess Lab ha stilato un inventario delle misure che consentono di migliorare la distribuzione delle risorse naturali ed energetiche. Una di queste è l’introduzione di una tariffazione progressiva sul consumo energetico. Questo sistema è già stato implementato in Giappone, dove il prezzo dell’elettricità aumenta del 35% quando il consumo mensile supera i 300 kWh. Non solo i consumi di energia sono diminuiti a livello globale, ma si è ridotta anche la povertà energetica: il costo delle bollette dei piccoli consumatori è sceso del 17%, mentre quello dei grandi consumatori è aumentato del 15 per cento. «Viviamo accettando molti divieti. È giunto il momento di accettare anche i divieti energetici».

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