Prevenire la corruzione ai tempi della pandemia

Mag 23, 2021

La Capitale d'Italia e la regione Lazio verso il Recovery plan, tra mafie e condizionamenti
di Edoardo Levantini, già consulente della Commissione parlamentare e coautore del Rapporto Mafie nel Lazio

Le inchieste di questi mesi hanno fatto emergere alcuni scandali sulla gestione delle procedure di emergenza per l’acquisto di mascherine ffp 2 e ffp3 destinate a proteggere il personale sanitario nella prima ondata della pandemia da covid 19. E questo pare essere soltanto la punta di un iceberg. Certo è che in piena emergenza sanitaria si è proceduto con la necessaria velocità, tuttavia ancora una volta non hanno funzionato gli anticorpi che la legislazione anticorruzione ha fissato da ormai otto anni. E’ quindi a rischio anche il piano di resilienza nazionale, il recovery plan, che prevede investimenti per miliardi di euro per modernizzare e riformare il sistema economico piegato dalla pandemia. I principali meccanismi di difesa dell’integrità della pubblica amministrazione oggi sono semisconosciuti. Cio si riferisce sia alla maggior parte dei cittadini sia a volte anche al personale della Pa. Queste norme consistono nel codice di comportamento e nella legge 241 del 90 relative alla prevenzione del conflitto di interessi, che è un fenomeno a monte della corruzione,

Tale conflitto si verifica quando gli interessi privati si intersecano con quelli pubblici che il dipendente deve perseguire per gli interessi della collettività. La nostra Costituzione stabilisce nell’articolo 98 che i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della nazione e devono – articolo 97 – perseguire il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. E qua si riscontra la prima criticità: questo meccanismo spesso va in crisi e non funziona. Lo dimostrano, anche recentemente, le inchieste giornalistiche e della magistratura che stanno facendo emergere gravi situazioni in alcuni concorsi pubblici del Lazio. Dal conflitto di interessi il passo successivo spesso è la commissione di reati, ma la sua stessa violazione costituisce responsabilità disciplinare per il dipendente pubblico. Uno strumento altrettanto efficace per prevenire la corruzione e individuare le aree di rischio in tutte le articolazioni dell’amministrazione e degli enti dello stato (dalle scuole, ai comuni e alle asl) è il piano anticorruzione (che ciascun ente deve approvare entro il 31 gennaio di ogni anno).

Nel piano anticorruzione la legge prevede che si deve correttamente inquadrare sia la situazione esterna all’ente sia quella interna. Immaginiamo di dover applicare questo modello alla vita reale: quando si deve avviare una qualsiasi attività, è necessario anzi fondamentale sapere dove si va a operare e quale è la situazione del territorio e le sue criticità. Pensiamo ad esempio al contesto territoriale di uno dei più grandi quartieri della capitale: Ostia. Nel X Municipio diverse sentenze definitive hanno certificato l’operatività di clan mafiosi e clan che agiscono con il metodo mafioso: i Fasciani e gli Spada. Tale presenza andrebbe quindi ben considerata come elemento di contesto esterno. E concreto pericolo di infiltrazione nelle procedure di appalto e di affidamento di lavori o di forniture e servizi. Nel contempo, assai decisiva risulta la valutazione del contesto interno, ovvero il personale presente, le eventuali indagini e le criticità. Queste procedure di valutazione spesso non sono oggetto di particolare attenzione creando pertanto una sorta di falla nel muro della legalità, dovuta all’assenza di conoscenza del contesto esterno ed interno.

Nel contesto romano purtroppo sono molte le organizzazioni mafiose operative, le mafie operano anche come un soggetto economico e ciò sul duplice versante dell’economia criminale e dell’economia lecita e questo è un dato che dovrebbe essere sempre ben tenuto in considerazione anche nella Capitale d’Italia. Gli strumenti di prevenzione oggi come non mai devono essere valorizzati, come andrebbe valorizzato il ruolo di tutti i responsabili anticorruzione sia nei Comuni, sottoposti sempre più a pressioni mafiose, basti ricordare che nel 2005 il Consiglio comunale di Nettuno fu sciolto e più recentemente, nel 2015, stessa sorte – per accertamento mafioso – è accaduta al Municipio di Ostia.

Il responsabile anticorruzione – come sottolineato dagli attenti osservatori di Spazioetico, l’Associazione professionale che si occupa di formazione in materia di anticorruzione e trasparenza – oggi risulta essere una figura chiamata a eseguire solo meri obblighi formali. Riportiamo al tal proposito un virgolettato integrale per chiarire la situazione: «Questa convinzione emerge chiaramente anche nei gruppi di Rpct (Responsabile anticorruzione per la trasparenza) e di Segretari Comunali che popolano il web e i Social: alla domanda «avete aggiornato la valutazione dei rischi di corruzione alla luce degli indirizzi dell’allegato 1 del Pna (Piano nazionale anti corruzione) 2019», in molti rispondono con quelle quattro parole che non lasciano alcuna possibilità di replica: «Ho altro da fare». E come dargli torto? Come si può tollerare che una cosa importante come la prevenzione della corruzione (alla quale Spazioetico dedica tutte le sue giornate e buona parte delle sue nottate) venga banalizzata e trasformata in un obbligo soltanto formale?»

 

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