Favorire l’inserimento di donne e uomini nel mercato del lavoro con strumenti che ne intercettino le trasformazioni in corso, sia in termini di organizzazione che di produzione. Il tutto con un pacchetto di misure condivise che fanno leva sul ruolo centrale delle politiche attive. È frutto delle buone pratiche e del confronto il protocollo firmato – primo in Italia – da Regione Lazio, organizzazioni sindacali confederali e parti datoriali, che stanzia quasi 250milioni per formare e accompagnare verso una buona e stabile occupazione i giovani, le donne, le persone più fragili e gli adulti che in questo periodo – anche a causa dell’emergenza sanitaria – sono stati espulsi dal mercato del lavoro.
Il panorama che abbiamo davanti è desolante: c’è preoccupazione per la fine del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali, per la disoccupazione che continua a crescere e con essa il disagio sociale, le diseguaglianze, la povertà dilagante. I frutti avvelenati della pandemia continuano a lacerare il tessuto socioeconomico del Paese. Focalizzandoci sul Lazio – perché questo è il territorio della nostra azione sindacale – va detto che la regione già prima del Covid aveva registrato evidenti criticità. Non a caso delle cinque province, due – Rieti e Frosinone – dichiarate aree di crisi industriale complessa, hanno sofferto proprio per la mancanza di efficaci misure di politiche attive del lavoro. Mentre la Capitale ha assistito a una serie progressiva di chiusure o delocalizzazioni di grandi aziende, il distretto della ceramica di Viterbo è precipitato in crisi nera, e i siti industriali dismessi di Latina sono lì a testimoniare il progressivo impoverimento del territorio. Bastano due numeri per chiudere il cerchio: nel terzo trimestre del 2020 116mila occupati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre a novembre le ore di cassa integrazione con causale Covid sono state oltre 44mila.
Anche per questo, il protocollo sulle politiche attive prevede ventuno azioni mirate su più direttrici che dovrebbero creare un circuito virtuoso mettendo al centro dei processi di programmazione economica e sociale la persona, le imprese, le istituzioni e gli attori pubblici e privati del sistema economico del Lazio. Nel protocollo si pone l’accento sulla programmazione, sull’aggiornamento professionale personalizzato. È previsto un patto tra generazioni, vale a dire per ogni uscita dal mondo del lavoro deve corrispondere l’assunzione, stabile e alle stesse condizioni economiche e giuridiche, di una giovane o un giovane. Sostegno poi ai processi di riconversione e di riorganizzazione industriale delle aziende per il superamento delle crisi e alla formazione per i lavoratori in cassa integrazione in attesa di occupazione. Ci sono poi misure per favorire la parità salariale e anche per le persone che – nelle aree di crisi industriale complessa – sono a pochi anni dall’età pensionabile. Spazio ai contratti di ricollocazione, con incentivi alle assunzioni, e ai progetti in grado di creare impresa. Rafforzamento del ruolo degli Istituti tecnici scolastici per la formazione professionale specifica a seconda delle richieste dei territori. E’ un protocollo che ovviamente necessita di verifiche costanti e implementazioni. Un protocollo nel quale un ruolo fondamentale deve essere giocato dai Centri per l’impiego la cui strategica attività deve assecondare e guidare il percorso delle politiche attive del lavoro. E per far questo bisogna al più presto velocizzare la loro riorganizzazione.
Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi occorre un impegno continuo tra le parti, sarà necessario il percorso di condivisione sui contenuti dei bandi prima che questi vengano promulgati dalla Regione Lazio. Le ingenti risorse messe a disposizione lasciano sperare che attraverso interventi mirati si possano centrare gli sfidanti obiettivi del protocollo. E infine, per talune misure – come il ricambio generazionale, solo per citarne una – serve un’adeguata contrattazione territoriale aziendale, perché il lavoro, il suo valore sociale, la rivendicazione che ne fanno donne e uomini, non può andare disperso. Oggi ancor di più, il nostro agire e le nostre iniziative devono essere risolutive per creare buona occupazione da contrapporre a tutte le forme di precariato esistenti. Soprattutto adesso, specialmente in questa fase nella quale si stanno studiano le mosse affinché dopo la pandemia si possa creare un mondo più, giusto, più equo. Che metta al centro il valore della persona, delle sue aspirazioni, dei suoi bisogni.
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