
Per trovare analoghi flussi in uscita dal Lazio verso l’estero occorre tornare indietro di mezzo secolo, ovvero ai primi anni Sessanta, quando il numero degli espatri raggiunse le 15.200 unità (1961). Espatri che equivalgono a una forte perdita di figure qualificate per il nostro territorio: secondo i dati Istat infatti il 25% degli italiani che emigra ha una laurea o un titolo di studio post-laurea (+47% sul 2014); valore tra l’altro molto superiore alla media dei laureati in Italia (18,7% dei residenti), che già colloca il nostro Paese in coda ai Paesi Ocse (dove la media è del 33%). Sono 127 mila, negli ultimi cinque anni, i giovani under 39 che hanno abbandonato il Lazio (da 1.537.363 unità nel 2014 a 1.409.754 nel 2019). Fughe non compensate dai flussi migratori in entrata che arrivano appena a bilanciare le perdite registrate dalle dinamiche naturali (nascite e decessi): a fine 2018 le anagrafi regionali registrano infatti un saldo positivo di circa 20 mila unità, a fronte di un valore che superava le 53 mila nel 2009, evidenziando una generale perdita di attrattività della nostra regione sia per gli italiani sia per gli stranieri.
A ciò si aggiungono i trasferimenti interregionali. Se i cittadini del sud vedono ancora il Lazio come un punto di approdo, per i laziali diventa spesso un luogo di partenza. Sono stati infatti circa 300 mila i corregionali che negli ultimi anni hanno abbandonato il nostro territorio per trasferirsi nelle regioni del nord. Lombardia in testa. Qui infatti risiedono oltre 42 mila laziali. Ma anche gli stranieri hanno cominciato a considerare sempre più il Lazio un territorio di passaggio. Verso il nord Italia o verso l’estero. Basti pensare che nel 2018 sono state censite 5,5 mila iscrizioni e quasi 6,8 mila cancellazioni.
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