Ruolo dell’Europa. Recovery Fund. Fase tre e piano di riforme strutturali. Volendo sintetizzare, come rinascere dalle ceneri della pandemia? Carmelo Prestileo, Segretario organizzativo Uil Lazio, non ha dubbi: è strategico realizzare una nuova idea di modernità e sviluppo per il Paese. «La storia insegna che dopo una la guerra c’è pace, che le crisi economiche lasciano il posto a crescita e sviluppo – afferma il segretario – Sarà così anche quando l’emergenza Covid sarà alle spalle». Ma il compito non è semplice. Molte sono le aspettative, poche al momento le proposte. «E’ chiaro che questi sono mesi fondamentali per gettare le basi e creare un nuovo modello di sviluppo – dice il segretario – Serve però un governo e una classe politica capace di coinvolgere parti sociali e società civile».
Ci sono i fondi europei. Adesso occorre un piano di riforme che stenta a decollare, perchè? «Perché tarda a prendere forma quell’idea complessiva di Paese, quella visione organica di futuro che sia in grado di tracciare le direttrici sulle quali costruire la nuova Italia. Il Paese è ancora tutto da immaginare. Oggi più che mai è necessario elaborare un piano di riforme strutturale, credibile e realizzabile. I fondi del Recovery Fund sono lì che attendono. Sarebbe un errore storico limitarsi a una lista della spesa da presentare alla Ue. A disposizione ci sono centosettantatre miliardi tra prestiti e sovvenzioni che dovranno essere utilizzati strategicamente per mettersi definitivamente alle spalle la crisi economica e sociale causata dall’emergenza sanitaria».
Richieste al governo per la fase tre? «Alla politica chiediamo di volare alto, di confrontarsi, di unire forze e idee: maggioranza e opposizione sono oggi chiamate a compiere un salto di qualità, a realizzare con il contributo di tutti una stagione di riforme strutturali non più rinviabili. E’ il momento di accantonare litigi e contrasti di bassa lega, serve responsabilità morale e politica: nella fase tre è necessario il contributo delle parti sociali, del mondo dell’Università e della ricerca perché ci sono da pianificare e poi mettere in pratica le scelte strategiche che daranno futuro all’Italia e a milioni di cittadine e cittadini. Digitalizzazione, riforma della pubblica amministrazione, del fisco e del mercato del lavoro, infrastrutture, Mes: sono temi complessi, di ampio respiro, che non possono essere sacrificati per una manciata di voti in più o in meno. Bisogna aver chiari gli asset strategici del Paese e poi agire ripartendo dal lavoro, dalla sua centralità, da suo valore che riveste in qualsivoglia sviluppo economico e sociale».
Un passo indietro. Dal «Siamo tutti italiani» della presidente Von Der Leyen al «New generation Eu», l’Europa sta cambiando. «E in meglio, aggiungerei. Era impensabile prima della pandemia adesso invece è realtà. Nonostante il negoziato di fine luglio abbia evidenziato criticità, il risultato finale è stata la migliore risposta ai populismi, perché aver raggiunto un accordo per sostenere politiche comuni è il segno di una profonda trasformazione. Ma è chiaro che sono necessarie riforme affinché l’Ue diventi definitvamente l’Europa dei popoli».
Come immagina il Lazio nel post pandemia? «Lo immagino rivitalizzato dagli interventi che ricadranno sui territori e sulle province. Lo immagino come il frutto di un confronto aperto a tutti, che chiami a raccolta tutte le articolazioni della società. Anche per questo il prossimo 18 settembre saremo in piazza con una giornata di mobilitazione nazionale per ribadire alla politica che gli interventi, le opere, le infrastrutture, non dovranno essere soltanto la riproposizione delle vecchie criticità ma il frutto di una nuova idea di modernità e sviluppo. Solo così costruiremo una nuova regione all’interno di un nuovo Paese».
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