Il lockdown, seppure con tutti gli interrogativi legati alla diffusione del virus, sembra alle spalle. Tra mille difficoltà il Paese è ripartito. La fase tre, quella che dovrebbe sancire la definitiva uscita dall’emergenza sanitaria e il ripristino della normalità lavorativa e sociale, si avvicina. Sono stati mesi complicati per cittadine e cittadini. «Ricostruire un Paese più equo e giusto, in grado di offrire sicurezza, lavoro e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori, resta la nostra priorità», spiega Pierluigi Talamo, segretario regionale Uil Lazio. Uno sguardo alla fase tre nel Lazio: «Una regione diversa in un Paese diverso». E poi negoziati in Europa, sit in per difendere il lavoro: «In questo periodo le resistenze al cambiamento rischiano di vanificare gli sforzi di chi, come noi, crede che nulla sarà più essere come prima della pandemia».
Il negoziato sul Recovery Fund ne è un esempio: «Lo spettacolo messo in scena dai Paesi cosiddetti frugali, poteva affossare definitivamente la nostra idea di Europa. L’egoismo di alcuni infatti ha rischiato di prevalere sull’idea della solidarietà, dell’aiuto reciproco. Fortunatamente così non è stato e l’accordo raggiunto è un passo storico. È altrettanto chiaro che per arrivare all’Europa dei popoli e dei cittadini, che non sia soltanto unione economica ma soprattutto una comunità politica e sociale, la strada è ancora lunga. Tuttavia, questo negoziato è stato uno spartiacque, perché per la prima volta – dopo anni – si è scelto di abbandonare le politiche di austerità per seguire la strada della crescita e dello sviluppo economico».
Quale crescita e quale sviluppo? «Il sindacato è convinto che la crescita economica serva per costruire un mondo diverso da quello che abbiamo conosciuto prima dell’emergenza sanitaria. Ripartire non significa soltanto riaprire le attività chiuse durante il lockdown, ripartire per noi è sinonimo di un mondo più giusto, più equo, che abbia alle fondamenta un modello di sviluppo con al centro i bisogni delle donne e degli uomini. Non a caso l’iniziativa ‘La notte per il lavoro’, è la sintesi della nostra piattaforma programmatica, che chiede al governo interventi per contrastare le difficoltà attuali attraverso la proroga degli ammortizzatori sociali e il divieto di licenziamento fino alla fine dell’anno. Ma poi chiede anche interventi strutturali: un impulso decisivo alle politiche attive del lavoro coniugate con l’uso diffuso della formazione, restituire alla sanità pubblica quel ruolo fondamentale che col tempo ha perso a scapito di quella privata, una riforma fiscale che metta al primo punto la lotta all’evasione fiscale. Nel recente decreto legge di Agosto ci sono elementi che ci soddisfano. Ma guai ad abbassare la guardia, perché c’è il pericolo che gli interessi di parte prevalgano su quelli generali. Per questo continuiamo a chiedere digitalizzazione, il rinnovo dei contratti pubblici e privati, una maggiore sicurezza sul lavoro».
A proposito di lavoro, entrando nei temi legati al territorio. A che punto è la vertenza dei lavoratori di Roma Multiservizi? «Sembra un gigantesco gioco dell’oca: passano gli anni e migliaia di lavoratrici e di lavoratori di questa partecipata del Comune non riescono a vedere chiaro il loro futuro. I vertici del Campidoglio scelgono costantemente la via sbagliata, oltre che la più impervia, che finisce per non tutelare i lavoratori. L’ultimo episodio relativo alla costituzione della NewCo lo dimostra. Avevamo messo in allarme la sindaca dalle insidie giuridiche e legali che questa strada avrebbe incontrato. È inutile dire l’avevamo detto, adesso diciamo basta. Basta ai tentennamenti, basta alle strategie infruttuose: l’unica strada per assicurare un futuro lavorativo alle persone è l’internalizzazione dei servizi, nell’ambito di una società in house del Comune di Roma. Continueremo a sostenere questa tesi in tutte le sedi, convinti della bontà della nostra proposta».
Come immagina la fase tre nel Lazio? «Immagino un territorio diverso in un Paese diverso. Per restare nei nostri confini, le risorse economiche che arriveranno dall’Ue, dovranno essere utilizzate al meglio per realizzare quelle infrastrutture che le province chiedono da anni: il raddoppio della via Salaria da Rieti fino alla Capitale, la Roma Latina, asse viario fondamentale, la Orte Civitavecchia nella Tuscia, che darebbe finalmente il giusto risalto al porto rendendolo strategico. A tal proposito è bene ricordare che stiamo parlando di risorse ingenti, poiché a quelle della programmazione dei fondi europei 2021-2027, si aggiungeranno quelle derivanti dalla ripartizione tra regioni del Recovery fund, circa dieci miliardi e quelli del Mise. Ogni territorio ha una sua vocazione ma per troppi anni queste attitudini sono state frustrate dall’austerity. Turismo, automotive, farmaceutico, cultura, digitalizzazione, cineaudiovisivo, sono i settori sui quali si dovrà investire con sempre maggiore convinzione per creare lavoro e buona occupazione, ancorando ogni contributo pubblico che verrà concesso alle aziende, al divieto di delocalizzazione, al risanamento ambientale e alla difesa del suolo».
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